ROMA, 2 MAGGIO – “Più di 800.000 persone” potrebbero fuggire dal Sudan, dove è in corso una vera e propria guerra civile, ha detto l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), Filippo Grandi, cui ha fatto eco Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, secondo il quale ”a due settimane dallo scoppio degli scontri a Khartoum e in tutto il Sudan, la situazione umanitaria sta raggiungendo il punto di rottura”.
“Speriamo che non si arrivi a tanto – ha scritto Grandi su Twitter – ma se le violenze non cesseranno, vedremo più persone costrette a fuggire dal Sudan in cerca di sicurezza”.
Per Griffith i beni essenziali per la sopravvivenza stanno scarseggiando nei centri urbani più colpiti, in particolare Khartoum, e le famiglie stanno lottando per accedere ad acqua, cibo, carburante e altri beni essenziali. Il costo del trasporto fuori dalle aree più colpite è aumentato in modo esponenziale, lasciando i più vulnerabili nell’impossibilità di trovare riparo in aree più sicure. L’accesso all’assistenza sanitaria urgente, anche per coloro che sono stati feriti nelle violenze, è gravemente limitato, aumentando il rischio di morte.
”Le Nazioni Unite e i nostri partner stanno facendo del tuttu per riavviare la risposta umanitaria nel Paese. Il massiccio saccheggio degli uffici e dei magazzini delle organizzazioni umanitarie ha esaurito la maggior parte delle nostre scorte. Stiamo esplorando modi urgenti per introdurre e distribuire forniture aggiuntive”. Ieri il Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam) ha annunciato la ripresa delle sue attività in Sudan dopo la sospensione seguita all’uccisione di tre dei suoi dipendenti: ”Il Pam sta rapidamente riprendendo la programmazione per fornire l’assistenza salvavita di cui così tante persone hanno bisogno in questo momento”, ha scritto su Twitter il direttore esecutivo del Pam Cindy McCain.
Il 16 aprile il programma aveva dichiarato di aver temporaneamente sospeso tutte le sue attività in Sudan dopo che 3 membri del suo staff erano rimasti uccisi negli scontri tra l’esercito sudanese e le forze paramilitari di supporto rapido
Griffith ha anche raccontato che ”una spedizione con cinque container di fluidi per via endovenosa e altri rifornimenti di emergenza è attraccata a Port Sudan, in attesa di autorizzazione da parte delle autorità”.
Decine di migliaia di persone sono fuggite dal Sudan e cercano riparo nella Repubblica Centrafricana, Ciad, Egitto, Etiopia, Libia e Sud Sudan, spesso tra comunità già vulnerabili. Sotto la guida dell’UNHCR, si lavora con i governi ospitanti, sostenendo i partner locali per aiutarli a soddisfare i loro bisogni immediati.
”La portata e la velocità di ciò che sta accadendo in Sudan non ha precedenti – ha oservato Griffith – Siamo estremamente preoccupati per l’impatto immediato e a lungo termine su tutte le persone in Sudan e nella regione più ampia. Su richiesta del Segretario generale delle Nazioni Unite, occorre esplorare come possiamo portare soccorso immediato ai milioni di persone le cui vite sono state sconvolte da un giorno all’altro. Tuttavia, la soluzione ovvia a questa crisi è fermare i combattimenti….Il mio messaggio alle parti è inequivocabile: proteggete i civili e le infrastrutture civili. Garantite un passaggio sicuro per i civili in fuga dalle aree delle ostilità, rispettate gli operatori umanitari e i beni, facilitate le operazioni di soccorso, rispettate il personale medico, i trasporti e le strutture e smettete di usarli come scudi”.