ROMA, 22 MARZO – Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e prevista all’interno delle direttive dell’Agenda 21, risultato della conferenza di Rio. Durante questa giornata l’Onu invita i membri a promuovere attività concrete all’interno dei loro Paesi, per attirare l’attenzione del pubblico sui problemi più urgenti legati al consumo di acqua, dall’accesso all’acqua dolce alla sostenibilità degli habitat acquatici. Secondo i rapporti Onu, attualmente 2 miliardi di persone vivono senza accesso all’acqua potabile. Uno degli obiettivi principali della Giornata è ispirare l’azione per ottenere acqua e servizi igienici per tutti entro il 2030, sensibilizzando istituzioni mondiali e opinione pubblica sull’importanza di ridurre lo spreco di acqua e di assumere comportamenti volti a contrastare il cambiamento climatico.
UGANDA E MOZAMBICO
Amref e We World raccontano storie emblematiche che riguardano due paesi africani, l’Uganda e il Mozambico.
”L’acqua ci ha reso liberi. Abbiamo detto addio all’acqua sporca dei ruscelli”, racconta Aloyo Kerry, una madre ugandese che vive nella regione di Pader, martoriata da guerre civili fino al 2008 ed oggi una delle regioni più povere al mondo. Quella di Aloyo è una delle voci raccolte da Amref – più grande ONG africana, che si occupa di salute nel continente – in occasione della Giornata Mondiale. ”Resilienza nell’Africa sub-sahariana vuol dire adattarsi alla mancanza di acqua. La fonte primaria di vita” ricorda Giobbe Covatta, che ha prestato la sua voce alla narrazione di Amref di un video che raccoglie testimonianze dati e immagini volti a raccontare aree del mondo in cui la vita è appesa non ad un filo, bensì ad una goccia d’acqua. E Amref continua a lavorare ad un approccio nuovo alla salute – One Health – che unisce ambiente, animali e uomo.
Attualmente, un abitante della terra su cinque non ha acqua potabile a sufficienza, l’accesso a servizi igienico-sanitari adeguati, per quanto in crescita, nel continente africano è ancora molto basso. In città, circa 8 persone su 10 hanno accesso ad acqua pulita, mentre nelle zone rurali, il tasso è dimezzato a poco più di 4 persone su 10. ”Qui l’acqua è sporca, contaminata, portatrice di malattie. Malnutrizione, malaria e diarrea sono all’ordine del giorno” dice Covatta. Ogni anno, nel mondo, 361.000 bambini sotto i 5 anni muoiono a causa di diarrea legata a carenze idriche e igieniche e, globalmente, almeno 2 miliardi di persone utilizzano fonti d’acqua contaminate da feci. Nella regione di Pader, il tasso di mortalità infantile è di oltre 180 su 1000 nati vivi, di cui l’8% a causa di diarrea acuta.
Secondo delle stime elaborate nel 2021 da OMS e Unicef, due terzi delle persone a cui mancavano ancora i servizi igienici di base vivevano nel 2020 in zone rurali. Quasi la metà di loro viveva nell’Africa sub-sahariana. Nell’Uganda settentrionale, i servizi igienici sono ancora una grande sfida: solo il 30% delle famiglie ha servizi igienici in funzione e circa 600.000 famiglie non ne ha. ”Senza acqua, i campi si inaridiscono e procurarsi il cibo diventa impossibile. Così, non solo siamo costretti a condividere l’acqua con i nostri animali, ma questi ultimi si ammalano, si indeboliscono, muoiono, e con loro anche noi: il 90% delle persone in queste zone vive di allevamento e agricoltura. È tutto collegato” racconta Kilama Simon, sempre a Pader.
Ad aggravare ulteriormente la situazione ci sono gli effetti dei cambiamenti climatici. Infatti, nel 2006, le Nazioni Unite hanno definito il continente africano come il più esposto e indifeso dalle implicazioni dei cambiamenti climatici. Oggi, questa definizione rimane valida, infatti, secondo l’African Development Bank Group, tra i primi 20 Paesi del pianeta a maggiore vulnerabilità sui cambiamenti climatici, sei sono nel continente africano. Nel 2019, nell’intero continente, ai 7,6 milioni di sfollati in fuga da conflitti, si sono aggiunti 2,6 milioni di profughi del clima.
Le storie di Aloyo Kerry e Kilama Simon – insieme agli scatti di Esther Ruth Mbabazi – sono stati ripresi all’interno del progetto ”Solar for Inclusive WASH’‘: un progetto finanziato dalla Fondazione Peter Wallenberg Water for All e dai comitati Water for All di Atlas Copco ed Epiroc, storiche aziende partner di Amref. L’obiettivo del progetto è fornire energia solare e migliori servizi idrici e igienico-sanitari a 48 comunità del distretto di Pader situato nel Nord Uganda.
”Le donne sono le più escluse dai ruoli decisionali che riguardano la gestione comune dei bene”: racconta Anna Crescenti, esperta WASH di WeWorld in occasione della giornata Giornata che quest’anno ha proprio come tema ”ACQUE SOTTERRANEE – RENDERE VISIBILE L’INVISIBILE”. ”Nel mondo – continua – i pozzi gestiti dalle donne funzionano molto meglio di quelli gestiti dagli uomini. Sono luoghi più sicuri e i malfunzionamenti sono ridotti”
In Mozambico la mancanza d’acqua e le scarse infrastrutture nel territorio hanno un impatto significativo sulla vita delle donne, che sono già sovraccariche di lavoro. Sono loro infatti che devono dedicare parecchie ore al giorno per prendere l’acqua, togliendo tempo ad altre attività. Partendo dai villaggi limitrofi ci vogliono dalle 3 alle 4 ore per andare a prendere da 1 a 3 fusti di 20 litri d’acqua ciascuno. Poi si mettono in fila e aspettano alla fontana dalle 6 alle 8 ore, spesso trascorrendo lì anche tutta la notte. Le donne che affrontano lunghe distanze e rimangono all’aperto anche nelle ore notturne sono più esposte a violenze sessuali. I dati raccolti a Guro e Tambara mostrano che tra il 2019 e il 2021, c’è stato un aumento significativo dei casi di stupro. Si stima che un pozzo possa soddisfare le esigenze di circa 300 famiglie eppure nel distretto di Guro ogni punto d’acqua ne serve in media 600 mentre a Tambara si riforniscono circa 1000 famiglie. Una condizione aggravata dal fatto che i pozzi pescano da falde piccole: anche per questo l’acqua dei pozzi è essenzialmente usata per cucinare e bere, mentre per altre necessità come lavarsi, le donne usano l’acqua recuperata lungo le rive dei fiumi. L’acqua è anche una risorsa chiave nella prevenzione all‘epidemia di COVID-19 e altre malattie epidemiologiche legate all’acqua contaminata come il colera, ma le donne spesso non riescono a fornire un ambiente sano per la loro famiglia a causa della scarsità d’acqua. (@OnuItalia)