ROMA, 25 LUGLIO – Italiani in Prima Linea, con gli straordinari racconti degli italiani e delle italiane che lavorano con passione e coraggio per il World Food Programme per garantire una vita migliore a milioni di persone. Raffaella Bellanca, fisica ambientale e’ specializzata in “Accesso all’energia”. Grazie al lavoro di Raffaella e dei suoi colleghi, il WFP garantisce accesso all’energia anche ai meno fortunati, perchè avere accesso ad energia pulita è un diritto di tutti, in ogni parte del mondo.
“Il mio non è stato un vero e proprio percorso, è stato piuttosto un inciampare qua e là! All’università ho studiato Fisica dell’Ambiente nella speranza di lavorare nel settore della protezione ambientale, ma per mancanza di opportunità ho cominciato a lavorare nell’ambito della combustione scrivendo programmi per la simulazione dei processi di combustione delle caldaie per ottimizzare l’efficienza e diminuire le emissioni. Successivamente mi sono trasferita in Svezia dove intendersi di fluidodinamica era un valore aggiunto, è per questo che, quando mi hanno offerto di cominciare un dottorato in ingegneria della combustione, ho accettato! In realtà, però, la combustione non mi appassionava; vedevo i miei colleghi entusiasmarsi alle conferenze mentre io riuscivo a malapena a restare sveglia. Ho allora deciso di cambiare completamente carriera: ho fatto un master in “Comunicazione per lo Sviluppo”, ho cominciato a fare del volontariato nel settore e nel 2007 mi sono avvicinata alla cooperazione internazionale. Ho iniziato a lavorare come consulente per diverse organizzazioni non governative in vari paesi, a Londra, in Mali, ad Haiti e mi sono specializzata nel settore dell’accesso all’energia”, spiega Raffaella al sito del WFP.
L’anno scorso la Bellanca ha visto che si era aperta una posizione al World Food Programme a Roma, e ha pensato che, dopo 20 anni di vita all’estero, fosse arrivato il momento di tornare a casa. Quello che più l’ha attratta di questa posizione è stata l’opportunità di influenzare il modo in cui funziona il mondo: fare qualcosa che funziona all’interno del WFP significa poter replicare quell’azione su scale enormi con impatti visibili e misurabili. Al WFP Raffaella si occupa di accesso all’energia lungo tutta la catena del cibo: dalla produzione, alla trasformazione del raccolto in prodotti alimentari, fino alla consumazione. Per esempio, lavora con la catena del freddo e tutto quello che consente di avere una durata più lunga del cibo, per diminuire le cosiddette perdite post-raccolto. Per tutti questi processi, sia in situazioni di emergenza che nelle azioni di prevenzione ai disastri e rinforzo della resilienza, è necessaria energia che, nelle località in cui lavoriamo, non è disponibile in forme moderne come gas ed elettricità.
Una parte molto importante del suo lavoro è dedicata alle cucine ecosostenibili (SAFE stoves). Il WFP lavora per garantire l’accesso al cibo, il che significa anche permettere alle persone di poterlo cucinare. “Se ad esempio distribuiamo fagioli e riso, dobbiamo anche assicurarci che i beneficiari possano cucinarli”.
L’attenzione verso le cucine e i fornelli ecosostenibili nel WFP è nata diversi anni fa, discutendo temi quali protezione della salute e dell’ambiente. Nel primo caso, c’era il problema dell’inalazione quotidiana di fumi tossici, dovuta all’utilizzo di legna per cucinare, che può provocare gravi problemi respiratori.
Per quanto riguarda invece l’ambiente, si era riscontrato che spesso, quando viene creato un campo rifugiati, il terreno circostante viene deforestato a causa della raccolta della legna necessaria per cucinare, il che crea notevoli tensioni con la comunità ospitante che compete per le stesse risorse. Per rispondere a questi problemi, si è dunque pensato a cucine e fornelli con un’ efficienza maggiore, che riducono notevolmente le emissioni e la quantità di legna di cui si ha bisogno per preparare i pasti.
Inoltre, l’utilizzo di cucine ecosostenibili, particolarmente quelle che utilizzano combustibili moderni come il gas e l’elettricità, permette alle donne di risparmiare tempo nella preparazione dei pasti. Quando si usano cucine obsolete, le donne devono raccogliere la legna, preparare il fuoco, pulire tutte le pentole perché tendono ad annerirsi (se la pentola è nera vuol dire che non sei una brava cuoca quindi bisogna tenerle pulite e splendenti), e alla fine rimane loro poco tempo per altre attività.
Grazie alle cucine ecosostenibili, invece, le donne hanno più tempo da dedicare ad attività generatrici di reddito o partecipare più attivamente alla vita sociale e decisionale della comunità.
C’è sempre un motivo per migliorare il modo in cui si cucina. Un miliardo di persone nel mondo cucina ancora con la legna e tre pietre. “Un paio di anni fa ero alle Isole Eolie e in un museo ho visto un fornello che assomigliava tantissimo a quelli che si trovano oggi in Africa, l’unica differenza è che quello al museo era di 6.500 anni fa. Nell’era della scienza e del progresso, è nostro dovere fare di meglio”, spiega Raffaella.