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Libia: continuano attacchi. Appello per salvare bambini. All’Onu ancora nessuna intesa

ROMA, 19 APRILE –  In Libia è salito ad almeno 205 morti e 913 feriti il bilancio del conflitto in corso secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità per la quale gli sfollati sono già 25 mila. L’Ocha da parte sua ha precisato che oltre 2.500 sono le persone che hanno lasciato le proprie case solo nelle ultime 24 ore.

Nella notte i caccia di Khalifa Haftar hanno effettuato due raid sul fronte orientale di Wadi Rabie, circa 30km a est di Tripoli, e su Suani beni Adem, 25 km a sudovest della capitale
All’inizio di questo mese le forze di Haftar hanno lanciato un attacco per strappare Tripoli al governo di unità nazionale, guidato da Fayez al-Serraj. L’offensiva è scattata 10 giorni prima della conferenza nazionale voluta dal’Onu per tracciare una road map per l’unità e la democratizzazione del paese.

Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef, e Virginia Gamba, rappresentante speciale del Segretario generale per i bambini e i conflitti armati hanno intanto lanciato l’allarme sui minori: ”Un numero crescente di bambini è a rischio imminente di essere ferito o ucciso a causa dell’escalation dei combattimenti – i peggiori degli ultimi anni – a Tripoli e dintorni. Ricordiamo a tutte le parti in guerra in Libia l’obbligo di proteggere i bambini in ogni momento, nel pieno rispetto del diritto internazionale. Uccidere, ferire e reclutare bambini, gli attacchi su strutture scolastiche, mediche e idriche sono tutte gravi violazioni dei diritti dei bambini e devono cessare immediatamente….Devono essere messe in atto misure di prevenzione per proteggere meglio i bambini, in linea con la risoluzione 2427 del Consiglio di sicurezza”, hanno aggiunto.
Fore e Gamba hanno anche esortato ”a un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli per tutti i bambini bisognosi e a un cessate il fuoco per consentire ai civili di lasciare in sicurezza le aree in conflitto….Quasi 1.800 bambini – ricordano – sono tra i civili che hanno urgente bisogno di essere evacuati dalle zone in prima linea di combattimento, mentre 7.300 bambini sono già stati sfollati dalle loro case a causa delle violenze. Si stima che circa 500.000 bambini siano stati colpiti dalla violenza in tutta la Libia occidentale”.

 

Non solo: ”I bambini intrappolati nelle zone di conflitto rischiano di finire il cibo e di perdere l’accesso alle cure mediche. Non potendo lasciare queste zone, non possono cercare protezione o assistenza in tutta sicurezza. La violenza ha anche messo in grave pericolo i quasi 1.000 bambini rifugiati e migranti tenuti nei centri di detenzione e il diritto all’istruzione…. Un recente attacco a un magazzino scolastico ha distrutto 5 milioni di libri di testo e i risultati degli esami scolastici nazionali”.

Per Fore e Gamba ”la Libia ha sofferto per più di sette anni di conflitto persistente che ha lasciato almeno 820.000 persone, tra cui circa 250.000 bambini, nel disperato bisogno di assistenza umanitaria e la situazione si sta nuovamente deteriorando. Per il loro bene, e per il futuro del Paese, i combattimenti devono cessare”.

Infine non è stata intanto trovata un’intesa all’Onu per il cessate il fuoco. La Germania, presidente di turno dei 15, ha chiesto una nuova riunione a porte chiuse. La bozza di risoluzione britannica invitava tutte le parti in campo ad assecondare gli sforzi per la pace delle Nazioni Unite. Chiedeva poi a tutti gli Stati membri del Consiglio di usare la “propria influenza sulle parti” per assicurare il rispetto del documento.

A opporsi, secondo quanto riportato dalla Dpa, fra gli altri, la Guinea, che ha agito anche a nome delle tre nazioni africane del Consiglio. Durante i negoziati, inoltre, Mosca ha chiesto che l’Esercito nazionale libico – comandato da Khalifa Haftar – non fosse identificato solo come la forza che sta attaccando Tripoli.

(@novellatop, 19 aprile  2019)

Maria Novella Topi
Maria Novella Topihttps://onuitalia.com
Maria Novella Topi è stata a lungo capo servizio della Redazione Esteri dell'Ansa. Tra le sue missioni l'Albania (di cui ha seguito per l'agenzia la caduta del comunismo e le successive rivolte), l'Iraq e la Libia. Ha lavorato per lunghi periodi nell'ufficio di corrispondenza di Parigi. Collabora da Roma a OnuItalia.

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