(Di Stefano Ciccarello)
NEW YORK, 25 AGOSTO – Le norme contro il cybercrime sono alla ribalta in queste ore al Palazzo di Vetro: i delegati dei Paesi Membri dell’Onu stanno discutendo il testo di una nuova convenzione internazionale i cui contorni hanno suscitato grave allarme tra gli attivisti per i diritti umani.
In una conferenza stampa al quartier generale delle Nazioni Unite, rappresentanti di organizzazioni a difesa della liberta’ di espressione e della privacy hanno messo in guardia che il testo attuale rischia di dare ai governi luce verde per perseguire attivisti, giornalisti e gruppi marginalizzati, in altre parole le “solite vittime” dei tentativi di regimi autoritari di criminalizzare il diritto al free speech, “utilizzando meccanismi intrusivi di sorveglianza come l’intercettazione di contenuti e il tracking di metadata” e “autorizzando la polizia di un paese ad aiutare governi stranieri a investigare attivita’ non considerate offese perseguibili in entrambi i paesi”. Questa l’analisi di Katitza Rodriguez della Electronic Frontier Foundation. “Paradossalmente si potrebbe arrivare a vietare un libro come Lolita o una serie come Trono di Spade con la scusa che testi o immagini in cui minorenni hanno un ruolo sessuale finiscano online”, ha osservato Carey Shenkman, avvocato dell’organizzazione Article 19.
Secondo Deborah Brown di Human Rights Watch, il linguaggio vago dell’articolo 17 del trattato (uno dei piu’ contestati durante il negoziato assieme al 23 e al 35) e’ particolarmente preoccupante, perche’ potrebbe aprire la strada alla perseguibilita’ di certe forme di espressione definendole criminali in quanto postate online. In sostanza, hanno sostenuto gli attivisti, nella sua forma attuale la convenzione potrebbe costituire una sorta di ‘backdoor’ dove tutto può diventare perseguibile come cybercrime dando luce verde a Stati autoritari per reprimere il dissenso.
La comunita’ internazionale ha gia’ a disposizione un trattato sul cybercrime, la cosiddetta Convenzione di Budapest del Consiglio d’Europa, adottata nel 2001 e entrata in vigore nel 2004. Il nuovo trattato, proposto dalla Russia, con l’appoggio di Paesi come Cina, Corea del Nord, Iran, Venezuela e Nicaragua, e’ in discussione dal 2022 sulla base di una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’anno precedente che ha istituito un comitato ad hoc a composizione aperta incaricato di sviluppare un testo sulla lotta all’uso delle tecnologie della informazione e della comunicazioni a fini criminali.
La tabella di marcia ha previsto sei sessioni negoziali, tre a Vienna, dove ha sede l‘UNODC UN Office for Drug and Crime) e tre a New York. Ogni incontro ha affrontato le diverse materie del trattato, compresi gli argomenti sulla criminalizzazione, le misure procedurali, il ruolo delle forze dell’ordine, la cooperazione internazionale, l’assistenza tecnica, le misure preventive e l’attuazione. In giugno, la presidenza ha pubblicato la bozza del testo della convenzione, sintesi di mesi di trattative con centinaia di emendamenti in ‘parentesi quadra’, nove capitoli e oltre 60 articoli.
Le principali aree di disaccordo trattate riguardano la portata del trattato e la tutela dei diritti umani. Se, da un lato, paesi come Russia, Cina, Nicaragua e Cuba hanno avanzato proposte che prestano il fianco a diverse problematiche come quella di criminalizzare “l’incitamento ad attività sovversive o armate” , altri paesi tra cui gli Stati UE, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Giappone e l’Australia preferiscono includere un numero molto limitato di crimini legati al cyber che sono stati trasformati drasticamente dalle nuove tecnologie digitali. Anche la società civile e il settore privato hanno svolto un ruolo cruciale nel dare forma alla convenzione, attraverso dichiarazioni, consultazioni. La sesta sessione in corso, che terminerà il primo settembre, dovrebbe essere la penultima prima di quella del prossimo gennaio in cui il testo definitivo dovrebbe essere approvato per consenso o, se questo non sara’ possibile, con la maggioranza qualificata dei due terzi. Le posizioni restano tuttavia profondamente distanti: a giudizio degli osservatori e’ molto probabile che la scadenza del 2024 non sara’ rispettata e che siano inevitabili ulteriori slittamenti. (@OnuItalia)