ROMA, 21 GENNAIO – E’ morto Francesco Paolo Fulci. L’ex Rappresentante Permanente italiano alle Nazioni Unite lascia un’impronta importante nella storia diplomatica dell’Italia e nei rapporti tra il paese e l’Onu.
Fulci e’ stato un “civil servant” nella accezione britannica del termine: un servitore dello stato. “Your diplomacy is legend”, la tua diplomazia e’ leggendaria: il complimento di Madeleine Albright, ambasciatrice degli Stati Uniti al Palazzo di Vetro e poi segretario di Stato, su una foto con dedica che Fulci porto’ con se’ a Roma dopo aver lasciato il Palazzo di Vetro e’ stato piu’ volte ricordato oggi a proposito dell’impegno profuso dal diplomatico a difesa degli interessi dell’Italia, ma anche delle cause in cui il Paese si era fatto portavoce negli anni del suo mandato: dalla difesa dei diritti dell’infanzia e contro la pena di morte, alle campagne per riformare il Consiglio di Sicurezza in modo piu’ democratico, trasparente e rappresentativo. Fulci, che avrebbe compiuto in marzo 92 anni, e’ stato Rappresentante Permanente italiano all’Onu tra 1993 e 1999.
Messinese, Francesco Paolo Fulci si era laureato all’Università di Messina e aveva poi studiato diritto comparato alla Columbia University di New York (grazie a una borsa Fulbright) e all’Accademia di diritto internazionale dell’Aia. Entrato in diplomazia nel 1956, nel corso di una lunga carriera aveva servito l’Italia in importanti capitali mondiali come Tokyo, Parigi, Mosca. Dal 1976 al 1980, era stato capo della Segreteria del presidente del Senato Amintore Fanfani, poi, dal 1980 al 1985, ambasciatore d’Italia in Canada e dal 1985 al 1991 ambasciatore alla NATO a Bruxelles. È stato segretario generale italiano del Comitato esecutivo italiano per la sicurezza e l’intelligence (CESIS) dal maggio 1991 all’aprile 1993, l’anno in cui fu inviato a New York. Durante gli anni del mandato all’Onu fu per due mesi presidente del Consiglio di Sicurezza durante il biennio di presenza italiana: una circostanza inconsueta, favorita dal calendario. Cosi’ come inconsueta fu la lunghezza dell’incarico, prorogato eccezionalmente dal Governo per quasi due anni dopo il raggiungimento dei limiti d’età e dopo che Fulci era stato eletto presidente dell’ECOSOC.
Era il periodo in cui la Germania e il Giappone, assieme a India e Brasile (il cosiddetto G-4 come viene chiamato ancora), tentavano, con il sostegno americano, di entrare come membri permanenti nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Un’intensa battaglia diplomatica dell’ambasciatore Fulci, che era alla testa di una squadra di giovani diplomatici (un ‘dream team’) e poteva contare su forti consensi politici, bloccò la manovra di ampliamento che avrebbe avuto effetti penalizzanti sulla futura presenza italiana nel massimo organo di governo politico dell’Onu e sulla forza della sua politica estera.
Queste vicende furono poi rievocate nel libro dello stretto collaboratore Elio Menzione, “La sfida di New York: l’Italia e la riforma del Consiglio di Sicurezza ONU” (Rubbettino, 2016). Non era solo in gioco il prestigio dell’Italia, spiegava Fulci all’epoca, ma anche quello di altri paesi di medie dimensioni che in questo modo sarebbero stati lasciati ai margini: nacque cosi’ il cosiddetto ‘Coffee Club’ che si riuniva la mattina davanti a una tazzina di espresso per pianificare le strategie e bloccare il “quick fix” con cui il G4 voleva chiudere la partita. Oggi si chiama “Uniting for Consensus” e continua a riproporre uno schema sulla base di quello gia’ suggerito allora: l’aggiunta di seggi non permanenti, anche se a rotazione più frequente, per dare spazio ai continenti sottorappresentati come Africa e America Latina.
Fulci sapeva combattere, ma sapeva anche usare, prima che il termine diventasse di moda, il “soft power” della diplomazia italiana. Faceva leva sulla forza della persuasione per ottenere risultati, facilitando la positiva collaborazione tra Stati e portando un approccio innovativo nella diplomazia multilaterale che dava particolare importanza al coinvolgimento stretto e costante di tutti i collaboratori, a una forte strategia mediatica, e ai rapporti personali: un mix che porto’ l’Italia a vincere 27 elezioni su 28 grazie a una strategia politica cosi’ efficace che fece attribuire alla sua squadra l’appellativo di “macchina elettorale italiana”.
“Soft power” significava anche sfruttare il molto che di bello l’Italia ha da offrire, come quando gemello’ la piccola isola caribica di St. Lucia con Salina nelle Eolie, guadagnandosi l’appoggio di molti altri piccoli Stati-isola. O come quando, lui messinese, si adopero’ per fare approvare dalle autorita’ della sua citta’ di origine una richiesta del Metropolitan Museum di portare a New York, per la mostra “Glory of Byzantium”, una grande icona marmorea scolpita a Costantinopoli conservata nel Museo Regionale di Messina. Suo anche l’impegno per portare in posizione d’onore sul piazzale dei visitatori dell’Onu la grande scultura “Sfera dentro Sfera” di Arnaldo Pomodoro: ancora oggi il monumento piu’ fotografato alle Nazioni Unite.
“Gli anni di New York sono stati indimenticabili, abbiamo creato un vero dream team, un team dei sogni”, aveva detto Fulci in videoconferenza da Roma rivolgendosi a una ventina di ex “Fulci Boys”, i ragazzi della sua squadra, saliti poi ai vertici della Farnesina, nel celebrare il suo novantesimo compleanno: “Si lavorava uno per tutti e tutti per uno, ma soprattutto si lavorava per l’Italia, perche’ l’Italia vincesse e vincesse sempre. Di questo vi saro’ immensamente grato”.
Fulci lascia un vuoto ma anche una legacy. Dei “Fulci Boys”, Ettore Sequi e’ Segretario Generale della Farnesina (“Ci educo’ all’onore di servire l’Italia”, ha scritto sul ‘Corriere della Sera’), Sebastiano Cardi (l’ex portavoce) e’ capo di gabinetto del Ministro degli Esteri, Francesco Talo’ e’ Ambasciatore alla Nato, Menzione e’ stato ambasciatore a Cuba, Bogota’, Pretoria e Berlino, Gian Lorenzo Cornado e’ l’attuale Rappresentante Permanente presso le Organizzazioni Internazionali di Vienna, Giulio Terzi e’ stato ambasciatore all’Onu, a Washington e ministro degli Esteri, Paolo Casardi e’ stato ambasciatore in Cile. La passione per la diplomazia corre in famiglia, con due figli in carriera con la Farnesina, Marie Sol a Ginevra e Sebastiano, ex ambasciatore in Lituania e all’OSA e capo della delegazione italiana presso i gruppi regionali che si occupano della non proliferazione di armi di distruzione di massa.
Dopo aver lasciato la Farnesina, Fulci fu nominato vice presidente della holding Ferrero e presidente di Ferrero Italia, ma continuo’ a seguire da vicino tutti i temi di politica estera. Nella nuova veste era stato tra i promotori delle politiche aziendali per la sostenibilita’ in linea con l’agenda delle Nazioni Unite per il 2030 e, dietro le quinte, a difesa di un patrimonio alimentare italiano riconosciuto a livello internazionale come la dieta mediterranea.
La redazione di OnuItalia si unisce al lutto della famiglia.
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