ROMA, 2 DICEMBRE – Roma ospita da oggi al 4 dicembre la settima edizione della Conferenza Rome MED–Mediterranean Dialogues. Al centro del dibattito, promosso dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione e dall’ ISPI le sfide di oggi e il futuro del Mediterraneo, considerato cruciale non solo per il continente Africano, ma anche per le politiche economiche, sociali e migratorie di tutto il continente Europeo.
Mentre il mondo è ancora alle prese con il Covid-19 e le sue varianti, il Mediterraneo attraversa una complessa fase di transizione politica ed economica. Una transizione fondamentale per definire gli equilibri futuri del mare su cui buona parte dell’Europa si affaccia, e per mettere a punto un’agenda ‘positiva’, ripartendo dal multilateralismo come strategia per la soluzione dei conflitti.
Tra i temi strategici al centro del dibattito, in modalità ibrida – con partecipazioni sia fisiche che virtuali e una diffusione in live streaming – le principali sfide per la sicurezza, politiche innovative per la gestione dei flussi migratori, il destino delle giovani generazioni dopo la pandemia, le iniziative per accelerare il passaggio ad un’economia verde e sostenibile, le risposte ai problemi posti dall’emergenza climatica e il rilancio del processo di pace in Medio Oriente. Ma anche un’opportunità per discutere del futuro del partenariato euro-mediterraneo, del ruolo della Nato e dell’Unione Europea nel Mediterraneo.
Anche quest’anno Rome MED si basa su quattro pilastri: prosperità condivisa, sicurezza condivisa, migrazione e società civile e cultura. I dibattiti intorno a questi argomenti hanno lo scopo di integrare le riflessioni sulle sfide attuali con nuove idee e suggerimenti per rafforzare la cooperazione economica, superare le rivalità e i conflitti regionali e garantire la creazione di un ecosistema che incentivi lo sviluppo sostenibile e condiviso. I MED Fora aprono oggi l’evento con i temi strategici per l’area come il ruolo delle donne e il loro contributo alla crescita sociale ed economica, il peso economico delle infrastrutture, cause ed effetti dei flussi migratori, il ruolo strategico della cybersecurity, e il contributo della società civile nelle società mediterranee. Alla Conferenza – divenuta una year-long initiative – parteciperanno oltre 50 ministri, rappresentanti delle maggiori organizzazioni internazionali, accademici, imprenditori ed esperti da tutto il mondo per discutere la realtà in evoluzione di paesi chiave dell’area. All’evento prendono parte, tra gli altri, il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e il Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio.
Nel decimo anniversario delle cosiddette ‘Primavere Arabe’ a cui tanti avevano guardato come al presagio di un cambiamento profondo, la regione mediterranea si trova a fare i conti con un bilancio insoluto e interrogativi urgenti. ISPI fa notare che le domande più urgenti sono cosa resta oggi di quelle rivolte, dei giovani che in molti casi ne sono stati protagonisti e che oltre a lottare per la democrazia hanno continuato la battaglia per la loro emancipazione e il rispetto dei loro diritti? E ancora: quali dinamiche geopolitiche si sono messe in moto dopo il ritorno di un governo vicino ai militari in Egitto e come evolveranno i conflitti civili in Siria e Yemen? Cosa accadrà nelle prossime settimane con le elezioni in Libia? Sono questi solo alcuni dei temi che saranno affrontati nelle oltre 50 sessioni di dibattito che guardano anche ad una transizione di portata più globale, come la fine della missione NATO in Afghanistan che ha determinato un punto di svolta significativo nell’impegno politico e militare di Washington in Asia centrale e in Medio Oriente. Inoltre in un decennio, il Golfo si è confermato il perno degli equilibri mediorientali, Russia e Turchia hanno giocato principalmente la carta militare, mentre Pechino ha rafforzato la sua presenza economica, diventando un partner chiave per molti paesi della regione.
Quanto all’Europa, suggerisce ISPI, ”riavvolgere il nastro per ricostruire un quadro ancora in profondo cambiamento può aiutare a valutare anche l’efficacia delle politiche disegnate dall’Europa per stabilizzare la regione e contenere le migrazioni”. La pandemia di Covid-19 per la regione mediterranea non ha significato solo chiusure e pressione sanitaria. I lockdown causati dalla crisi sanitaria hanno determinato un crollo della domanda globale di petrolio e di altre fonti di reddito come turismo e servizi finanziari, con gravi ripercussioni sul bilancio di molti stati. Con l’obiettivo di ridurre il grave impatto sanitario e sociale, i governi hanno aumentato il loro debito pubblico: il livello medio del debito nella regione è passato dal 46% al 54% del PIL. Oggi le prospettive economiche, nonostante recenti miglioramenti, rimangono piuttosto basse, e se l’aumento dei prezzi dell’energia da un lato offre ai paesi esportatori di petrolio l’opportunità di recuperare, dall’altra rischia di minacciare la fragile ripresa degli importatori regionali. La pandemia ha esacerbato le disparità nei livelli di sviluppo ormai di lunga data nella regione. Per questo gli incontri di MED – Mediterranean Dialogues incoraggiano a stilare un’agenda positiva per il domani, immaginando un sistema multilaterale riformato e più inclusivo, in grado di affrontare e orientare la transizione in atto nel Mediterraneo allargato.
I lavori possono essere seguiti sul sito med.ispionline.it.