ROMA, 11 NOVEMBRE – Ha preso il via oggi a Baku, Azerbaigian, la COP29, Conferenza annuale sul clima dell’ONU che sarà sicuramente una delle più difficili da quando è nato questo appuntamento.
I paesi negoziatori della Cop29 dovranno fare i conti con la nuova posizione degli Stati Uniti (che con Trump alla Casa Bianca si apprestano con ogni probabilità ad uscire dell’Accordo di Parigi sul clima), con i nuovi dati delle agenzie Onu sul riscaldamento globale che hanno proprio oggi definito il 2024 con l’anno più caldo della storia, infine con le numerose defezioni dei grandi del pianeta – da Biden a Sarkozy, da von der Leyen a Lula, a Modi. Il premier spagnolo Perez rimane in patria trattenuto dalla catastrofe di Valencia. Senza contare che agli Obiettivi fissati dall’Agenda 2030 dell’Onu mancano solo cinque anni ormai.
La conferenza si è aperta stamani alla presenza di Sultan Ahmed Al Jaber, Presidente della Cop28 di Dubai dell’anno scorso, Mukhtar Babayev, Presidente della Cop29 e Simon Stiell, Segretario Esecutivo dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc), l’organismo delle Nazioni unite che organizza la conferenza secondo il quale ”finanziare gli aiuti climatici non è beneficenza’‘-
Quest’anno i negoziatori delle 198 Parti dovranno trovare un accordo sulla definizione di un nuovo obiettivo per la finanza climatica, l’Ncqg, New Collective Quantified Goal.
In pratica, il finanziamento annuale che viene destinato dai paesi più ricchi per gli aiuti ai paesi vulnerabili contro gli effetti del cambiamento climatico.
L’obiettivo di Baku, scrive il think tank Ecco sulla sua newsletter dalla Cop29, è superare la quota di 100 miliardi dollari fissata alla Cop16 di Copenaghen nel 2009 per il periodo 2010-2025. Occorre definire un nuovo target e un nuovo modello di finanziamento, che spazi da risorse pubbliche ai finanziamenti attraverso le Banche Multilaterali di Sviluppo, fino ai contributi del settore privato.
Molti analisti hanno ipotizzato che la Cop di quest’anno possa essere poco rilevante, in attesa di quella dell’anno prossimo, la Cop30 in Brasile, dove gli stati dovranno aggiornare i loro impegni di decarbonizzazione, gli Ndc (National determined Contributions). I ricercatori di Ecco respingono questa impostazione, e sostengono che l’accordo di Baku sul fondo per gli aiuti sarà fondamentale per molti stati per definire i loro piani di riduzione delle emissioni.
“Coloro che cercano disperatamente di ritardare e negare l’inevitabile fine dell’era dei combustibili fossili cercano di trasformare l’energia pulita in una parolaccia. Perderanno. L’economia è contro di loro. Le soluzioni non sono mai state più economiche e accessibili”, ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che in questi ultimi anni ha lanciato più volte l’allarme sul disastro ambientale che ci troviamo ad affrontare.
Le aspettative di altri analisti sono piuttosto basse: se si sconta l’ezione di un grande scettico alla presidenza degli Stati Uniti (primo emettitore di gas serra del pianeta); la scelta del Paese ospitante (l’export azero è costituito per oltre il 90% da combustibili fossili); infine i temi sul tavolo, principalmente di ordine economico-fiscale.
Ogni COP sarebbe invece un appuntamento fondamentale per mantenere in carreggiata gli accordi di Parigi e quindi la possibilità di contenere l’aumento delle temperature entro i livelli di guardia. Continuare a immettere nell’atmosfera gas serra utilizzando combustibili fossili potrà infatti solo aggravare il riscaldamento globale e gli eventi meteo estremi che – come mostrato dagli ultimi fatti di quest’anno – danno fin troppo spesso mostra di sé.
Proprio in questi giorni, il servizio per il Cambiamento climatico di Copernicus, il programma europeo di osservazione del pianeta Terra, ha annunciato che il 2024 è quasi certamente destinato a diventare il primo anno in cui le anomalie termiche avranno superato stabilmente il grado e mezzo al di sopra delle medie dell’epoca pre-industriale. La soglia è quella segnata dagli accordi di Parigi e per ora ha una valenza solamente simbolica: le medie con cui lavora la climatologia sono trentennali, e non sarà quindi un singolo anno a condannare (o se è per questo, a salvare) il pianeta. Ma è comunque un messaggio difficile da ignorare, anche perché se i prossimi due mesi continueranno nella direzione segnata fino a ora, il 2024 sarà stato a tutti gli effetti l’anno più caldo mai registrato.
Non è quindi un caso se gli eventi meteo estremi (che vengono alimentati dalle temperature elevate) non sono mancati: dall’alluvione che a partire dallo scorso marzo ha ucciso oltre mille persone tra Afganistan e Pakistan, al tifone Yagi che ha devastato il Sudest Asiatico, uccidendo oltre 800 persone, fino alle piogge intense che hanno colpito il Mediterraneo, allagando prima l’Emilia Romagna, e raggiungendo quindi la Spagna, dove la Dana che ha colpito l’area di Valencia ha provocato più di 200 vittime, classificandosi tra i peggiori disastri naturali che abbiano mai colpito il paese.
I negoziati si annunciano complicati. Sia sul piano della gestione dei fondi (che i destinatari vorrebbero affidata a loro, mentre i donatori pretendono un sistema per controllare in che modo vengono spese le risorse), sia sulla ridefinizione della platea dei finanziatori. Attualmente, infatti, è basata su una definizione datata di paesi “industrializzati”, che non comprende ad esempio potenze economiche e industriali ormai affermate come la Cina e i Paesi del golfo arabico, oggi grandi emettitori di gas serra al pari di Europa e Stati Uniti, che fanno ovviamente resistenza quando si cerca di farli passare nel gruppo dei finanziatori del fondo.
Arrivare al termine della Cop29 con obbiettivi economici chiari e condivisi sui finanziamenti per la transizione energetica, che indichino con precisione quanto e chi pagherà, chi saranno i beneficiari e come potranno spendere i soldi, sarebbe un traguardo fondamentale per mantenere vivi gli accordi di Parigi. L’anno prossimo è infatti previsto il prossimo round di progetti per la decarbonizzazione e l’adattamento climatico che andranno sottoposti da tutti gli Stati alle Nazioni Unite. E in quest’ottica, le risorse messe sul piatto dal New Collective Quantified Goal saranno fondamentali per moltissime nazioni per porsi obbiettivi ambiziosi, che permettano di iniziare al più presto a ridurre la quantità di emissioni prodotte a livello globale. In molti la considerano l’ultima possibilità per tornare sulla via tracciata dagli accordi di Parigi, e raggiungere l’obbiettivo indicato dall’Ipcc di dimezzare le emissioni entro il 2030.