ROMA, 24 GENNAIO – La ong SOS Mediterranée ha tracciato un bilancio dell’attività della nave Ocean Viking nel Mediterraneo e ha lanciato al contempo un appello perchè le attività di salvataggio in mare siano sostenute per non continuare a piangere vite umane. Per l’equipaggio della Ocean Viking – afferma la ong – il 2023 è finito così come è cominciato, ”con l’ennesimo ostacolo all’assistenza umanitaria messo in atto da una legge che prende di mira le stesse ONG che hanno salvato (dalla Vigilia di Natale a oggi) quasi 1000 persone”. ”Per la seconda volta in due mesi – continua l’organizzazione – ci troviamo in stato di fermo dopo aver soccorso 244 persone che rischiavano la vita in mare, il tutto secondo le indicazioni ed esplicite autorizzazioni emanate dalle autorità marittime. Quelle stesse autorità che, il 30 dicembre, hanno accusato Ocean Viking di non aver rispettato le istruzioni di procedere senza indugio, alla massima velocità sostenibile e con rotta diretta, verso il luogo di sicurezza assegnato… Come possiamo solo supporre, la nostra presunta inosservanza consisterebbe in un cambiamento di rotta di sole 15 miglia nautiche per rispondere alla segnalazione della presenza di 70 naufraghi in difficoltà”.
Per questo motivo le autorità italiane hanno messo nuovamente in fermo amministrativo la Ocean Viking che per almeno 20 giorni non potrà più effettuare soccorsi. ”Venti giorni in cui il Mediterraneo sarà un luogo più pericoloso….Le risorse che avremmo voluto usare per salvare vite le dovremo impiegare per sostenere tutti i costi legati al fermo. Quando potremo finalmente ripartire avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile”. afferma SOS Mediterranee che continua: ”Prestare soccorso in mare vuol dire correre contro il tempo, contro le onde, contro l’orizzonte che non finisce mai. Prestare soccorso in mare vuol dire che qualche volta non si arriva in tempo per salvare tutti”.
L’organizzazione racconta le ultime manovre compiute prima del fermo:
”Abbiamo ricevuto l’allarme di un gommone in difficoltà, alla deriva in una zona di nessuno. Una mail in cui eravamo in copia insieme ad altri, ma alla quale nessuno stava rispondendo. La Ocean Viking era a più di dieci ore di navigazione dalla zona in cui si trovava il gommone. Dieci ore in mare sono troppe per sopravvivere. Non potevamo non tentare e siamo partiti comunque, tentando il tutto e per tutto.
Siamo arrivati nove ore dopo per trovare dei pezzi di un gommone che galleggiavano alla deriva. È stato terribile. C’erano 120 o 130 persone a bordo, non lo sapremo mai. Non potevamo essere più veloci, non potevamo fare di più. Eppure, l’amarezza non ti lascia quando fallisci nonostante tutto. Ci siamo abbracciati, abbiamo parlato quasi tutta la notte, praticamente senza dormire, e all’alba eravamo pronti a ripartire.
In poche ore abbiamo raggiunto un’altra imbarcazione che stava naufragando. Abbiamo salvato 236 persone, tra cui un bambino di due anni, Yaya. È vero che questo non mette a posto il senso di tragedia che continuiamo a provare per ogni persona che non riusciamo a salvare, ma ci dà la spinta a non fermarci mai. Ogni giorno siamo nel Mediterraneo per salvare tutte le vite che possiamo. Ma abbiamo bisogno di aiuto per continuare a farlo”.