GINEVRA, 28 OTTOBRE – L’UNHCR celebra in questi giorni il trentennale del programma DAFI di borse di studio che ha aiutato a trasformare la vita e le prospettive di numerosi giovani costretti alla fuga. Sollecitando maggiori investimenti nell’accesso all’istruzione superiore per permettere ai rifugiati di realizzare il proprio potenziale, l’Agenzia ONU per i Rifugiati ha ricordato che il DAFI, (Iniziativa tedesca Albert Einstein per l’accesso dei rifugiati all’università) ha trasformato la vita di oltre 21.500 studenti rifugiati, per la maggior parte, negli ultimi anni, provenienti da Siria, Afghanistan, Sud Sudan e Somalia. I ragazzi si specializzano in materie che spaziano, tra le altre, da medicina a gestione aziendale, scienze sociali e del comportamento, matematica e scienze informatiche.
”Nell’arco di questi 30 anni, il programma DAFI ha mostrato il proprio potere, offrendo opportunità e speranze a migliaia di studenti rifugiati, permettendo loro di realizzare il proprio potenziale e migliorare la propria vita – ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario ONU per i Rifugiati. – Si tratta di un modello collaudato di cui è necessario ampliare l’applicazione per poter centrare l’obiettivo ’15by30′, ossia assicurare il 15 per cento di rifugiati iscritto all’istruzione universitaria entro il 2030”.
Nel rapporto DAFI 2021, Higher Education: Now is the Time’, UNHCR avverte dell’aumento delle disparità tra Paesi a reddito alto e Paesi a reddito basso, nei quali è accolta la maggior parte dei rifugiati, tanto in relazione alla qualità dell’istruzione erogata, quanto all’accesso. La riapertura disomogenea delle scuole in seguito alla pandemia di COVID-19 ha incrementato il rischio di cancellare le conquiste duramente ottenute. A fine 2021, si contavano oltre 8.300 giovani rifugiati da 53 Paesi beneficiari di borse di studio DAFI in 55 Paesi, un balzo notevole rispetto al gruppo di quasi 1.000 studenti registrati nel 2020. Le studentesse costituivano il 41 per cento del totale: conseguire parità di genere resta un obiettivo centrale del programma.
Quasi la metà degli studenti studiava in Etiopia, Turchia, Pakistan, Kenya e Iran, alcuni dei Paesi che accolgono il più elevato numero di rifugiati su scala mondiale. L’anno scorso ha fatto registrare la cifra record di oltre 15.800 candidature, dato che riflette l’aumento delle richieste e un maggiore bisogno di investire in borse di studio e opportunità a beneficio dei rifugiati che intendono accedere all’istruzione universitaria.