NEW YORK, 27 APRILE – Assieme ai colleghi del gruppo Uniting for Consensus, il Rappresentante permanente italiano all’Onu, Ambasciatore Maurizio Massari, ha incontrato il Presidente dell’Assemblea generale Abdulla Shahid. Al centro del colloquio sono stati gli ultimi sviluppi del Negoziato Intergovernativo sulla riforma del Consiglio di Sicurezza che si sta avvicinando al termine della attuale sessione.
Ambasciatori UfC incontrano il Presidente dell’Assemblea Generale
Hanno partecipato alla riunione, per il gruppo UfC, anche gli ambasciatori del Pakistan e della Corea del Sud. Shahid ha ringraziato Ufc per il suo “attivo e costruttivo” coinvolgimento nel negoziato.
Nel corso di questa sessione uno degli argomenti al centro del dibattito e’ stato il potere di veto: ieri, con l’appoggio di una ottantina di co-sponsor tra cui l’Italia e, tra i cinque membri permanenti che lo detengono, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, l’Assemble Generale ha adottato per consenso una risoluzione che istituisce un meccanismo in base al quale lo stato (o gli stati membri) che usino questa prerogativa per bloccare una risoluzione rendano conto poi all’intera membership delle ragioni di questa scelta.
Intervenendo a nome di UfC, di cui e’ ha il coordinamento, a una riunione del Negoziato Intergovernativo, l’Ambasciatore Massari aveva osservato che “il veto incide profondamente sull’efficienza del Consiglio di Sicurezza, con un effetto paralizzante sulle capacità decisionali”. Massari si riferiva allo stallo sulla crisi ucraina in Consiglio. “Non ci sono dubbi: il veto è in contraddizione con i principi di democrazia, efficienza ed uguaglianza sovrana tra gli Stati. Sebbene possa essere stato pensato in uno specifico contesto storico, oggi non ha più una giustificazione plausibile”, aveva continuato l’Ambasciatore.
Piu’ in generale UfC propone al Negoziato un nuovo Consiglio composto da 26 seggi in totale: agli attuali 10 membri non permanenti elettivi si aggiungerebbero 11 nuovi membri, per un totale di 21 non permanenti elettivi. Nove di questi undici seggi aggiuntivi avrebbero un mandato più lungo (questo, al fine di soddisfare le richieste di quegli Stati membri che desiderano servire per periodi prolungati) e sarebbero eletti dai gruppi regionali, al fine di garantire una più equilibrata ed equa rappresentanza principalmente dei Paesi in via di sviluppo (su tutti, quelli africani e dell’Asia-Pacifico e i piccoli Stati insulari), questi ultimi storicamente penalizzati nella partecipazione al Consiglio. (@OnuItalia)