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Congo: guerre dimenticate, tornare a occuparsi di Africa; l’Onu non può bastare

ROMA, 23 FEBBRAIO – ”Le guerre dimenticate sono subdole…Loro, poi, si ricordano di noi”: la fulminea battuta della vignetta di Elle Kappa su Repubblica di oggi mette il dito su una piaga antica che si riapre ogni tanto, proprio quando non si pensava più che potesse ancora far male.
L’attacco di ieri nella Repubblica Democratica del Congo, in cui sono morti l’ambasciatore italiano a Kinshasa Luca Attanasio, il carabiniere dell’ambasciata Vittorio Iacoviello e l’autista congolese Mustapha Milambo – e in seguito al quale sembra vi siano altre persone rapite o ferite che viaggiavano sullo stesso convoglio della Missione Onu Monusco per una missione del WFP – fa riemergere il tema e fa ricordare invece che nella stessa condizione si trovano tante altre aree del mondo.
Yemen, Siria, Afghanistan, Nagorno Karabakh – per il conflitto Armenia-Azerbaijian – la Somalia, il Tigrai nel Corno d’Africa, il mai sopito ribollire della zona del parco vulcanico del Virunga, instabile zona tra Rdc, Uganda e Ruanda, il Sahel (con Mali, Niger e Burkina Faso), il Myanmar, non sono solo bandierine sulla carta geografica del pianeta. Sono squarci su realtà in corso, che per di più si aggravano con l’aggravarsi di condizioni esterne come la pandemia di Covid 19, la fame, i cambiamenti climatici che generano catastrofi come desertificazione o alluvioni, malattie e allontanamento dei bambini dalla scuola, sfruttamento e disparità che si allargano sempre di più. Il punto è che lo snodo della forbice ha un’ampiezza oltre la quale non si può andare. O fare finta che non esista.
Nell’analisi che Gianni Vernetti affida oggi a Repubblica si parla proprio della necessità di ”non voltare lo sguardo di fronte alle guerre dimenticate, ma di tornare ad occuparci seriamente di Africa a tutto campo:più aiuti umanitari, più cooperazione allo sviluppo…nel settore della sicurezza”, certo, ”ma anche valorizzazione delle tante opportunità che possono emergere da un più solido rapporto con le economie emergenti del Continente”.
Governi, chiesa, istituzioni internazionali, ong, onlus hanno fatto in questi ultimi anni sforzi apprezzabili per aiutare i paesi in difficoltà soprattutto in Africa, ma che tuttavia non bastano certo a evitare il riesplodere di conflitti, e le mire sui tesori che quel continente custodisce.

Caschi blu Monusco

Anche i tentativi delle Nazioni Unite di mettere in piedi forze di peacekeeping non bastano. Nella Repubblica Democratica del Congo è presente dal 2010 la Monusco, forza di pacificazione e stabilizzazione delle Nazioni Unite che conta 15 mila caschi blu di 47 paesi, che ha sostituito una precedente missione, la Monuc, che era stata creata nel 1999, dopo le stragi della guerra tutsi-hutu.
Vernetti ricorda nel suo articolo una dichiarazione di Denis Mukwege, Nobel per la Pace nel 2018 per il suo ospedale a Bukavu ”dove in 15 anni aveva curato oltre 40 mila donne vittime di stupro…”La missione dell’Onu ha ottenuto buoni risultati di contenimento ma non ha risolto il problema alla radice – diceva Mukwege – Le regole d’ingaggio delle missioni delle Nazioni Unite hanno troppi vincoli di azione”.
Il tema dell’area di intervento dei caschi blu dell’Onu in molte parti de mondo è stato spesso causa di polemiche. Ora, sostiene ancora l’articolo, ”servono missioni internazionali capaci di agire, sconfiggere definitivamente terrorismo e milizie armate, dimostrando che non c’è impunità per i crimini compiuti…la ‘responsabilità di proteggere’ può e deve diventare una vera priorità della comunità internazionale”, conclude Vrnetti, ”Anche se si dovesse trattare di una ‘ingerenza umanitaria, perché  l’Africa è un continente che ci riguarda” e tornare ad occuparsene ”è una priorità per l’Italia e per l’Europa”.
Senza dimenticare che questa attenzione ha una sorta di ritorno tutto speciale: gli investimenti economici, i costi (altissimi) delle missioni delle forze di interposizione, l’impegno in tutti i settori, dal clima ai diritti umani, dalla tutela di donne e bambini al rispetto per le ricchezze che sono dei popoli che il continente abitano, possono produrre pace, bene duraturo più di ogni altro.

Maria Novella Topi
Maria Novella Topihttps://onuitalia.com
Maria Novella Topi è stata a lungo capo servizio della Redazione Esteri dell'Ansa. Tra le sue missioni l'Albania (di cui ha seguito per l'agenzia la caduta del comunismo e le successive rivolte), l'Iraq e la Libia. Ha lavorato per lunghi periodi nell'ufficio di corrispondenza di Parigi. Collabora da Roma a OnuItalia.

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