ROMA, 13 NOVEMBRE – Non si ferma il macabro conteggio delle vittime dei naufragi nel Mediterraneo e questa volta, tra i 74 che hanno perso la vita, c’anche un bambino di sei mesi, che la madre ha disperatamente cercato gridando di averlo perso nella concitazione del momento.
La giornata di ieri ha infatti segnato una nuova tragedia nelle acque del Mediterraneo: un gommone affondato al largo delle coste libiche, caricato allo stremo, con 120 migranti fra cui donne e bambini a bordo, appena 31 i corpi recuperati mentre gli operatori del soccorso hanno continuato a perlustrare il braccio di mare al largo di Khums nella speranza di rintracciare ulteriori dispersi. A fornire il nuovo tragico bilancio è l’Organizzazione delle Nazioni Unite UNHCR, alla quale si affianca Medici senza frontiere con la notizia di un altro naufragio, costato la vita a 20 persone. Solo tre superstiti, tutte donne, assistite dagli operatori della ong e ”salvate dai pescatori. Erano sotto shock, hanno visto i loro cari morire inghiottiti dalle onde”, hanno testimoniao.
Il rapporto Onu riferisce di almeno 900 persone annegate nel Mediterraneo nel 2020. Altre 11 mila sono invece tornate in Libia.
Joseph
Mercoledì l’imbarcazione, in attesa di soccorso, era collassata trascinando in mare tutti coloro che vi si trovavano a bordo. Più di cento persone, fra le quali il piccolo Joseph, di appena sei mesi, ripescato dai volontari della ong Open Arms senza tuttavia riuscire a sopravvivere fino all’arrivo dei soccorsi. Un filmato diffuso alcune ore dopo il salvataggio mostra la mamma del bimbo rivolgersi disperatamente ai volontari dicendo di aver perso il proprio bambino.
”La perdita di vite umane nel Mediterraneo – ha commentato Federico Soda, capo missione dell’Oim in Libia al sito In Terris– è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo”. ”Da tempo chiediamo un cambiamento nell’approccio, evidentemente impraticabile, seguito nei confronti della Libia e del Mediterraneo. Non dovrebbero essere più riportate persone a Tripoli e si dovrebbe dar vita al più presto a un meccanismo di sbarco chiaro e definito, a cui possa possano far seguito delle azioni di solidarietà degli altri Stati. Migliaia di persone vulnerabili continuano a pagare il prezzo dell’inazione, sia in mare sia sulla terraferma”.