BEIRUT, 1 SET – Emergenza sanitaria e crisi economica sono le due principali minacce che gravano sul Libano e impediscono il ritorno alla normalità, dopo l’esplosione che lo scorso 4 agosto ha colpito il porto di Beirut, provocando oltre 200 morti e lasciando 150 mila persone bisognose di assistenza umanitaria: è la descrizione che la ong Intersos, presente in Libano, fa dell’attuale situazione.
Le strutture sanitarie hanno subito gravi danni, lavorano al limite della capacità e non riescono a far fronte a tutti i bisogni. L’ospedale di Quarantina, uno dei più vicini all’epicentro dell’esplosione, è distrutto e dovrà essere interamente ricostruito. Tre ospedali (Rosary Sisters, Geitawi Lebanese University e St. George) avranno bisogno di una profonda ristrutturazione prima di poter tornare ad operare a pieno regime, mentre altri cinque ospedali hanno subito danni di minore entità. Anche il personale è fortemente ridotto. Alla data del 25 agosto, erano 564 gli operatori sanitari fermati dalla diagnosi di COVID-19.
Per favorire l’accesso alle cure mediche, INTERSOS prevede a partire dalle prossime settimane, anche l’intervento di una clinica mobile e il supporto a un centro sanitario nei quartieri più colpiti dall’esplosione, in collaborazione con una organizzazione locale. Diffusa, nelle interviste condotte dallo staff della ong, la presenza di malattie croniche che richiedono trattamenti medici continuativi.
All’emergenza sanitaria si somma, sempre secondo Intersos, la crisi economica, ulteriormente aggravata dal nuovo lockdown. Secondo uno studio pubblicato dalla Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l’Asia occidentale (ESCWA), il tasso di povertà complessivo nel Paese è balzato dal 28% nel 2019 al 55% nel maggio 2020. Il corrispondente indice di povertà estrema è aumentato dall’8 al 23 per cento, pari a un incremento di 750 mila persone.
La capitale del Libano fa i conti con l’impressionante dimensione dei danni subiti a seguito dell’esplosione. Secondo i dati raccolti da UNDP, sono 200 mila le unità abitative colpite, con circa 40 mila edifici danneggiati, di cui 3 mila gravemente. Oltre 15 mila le attività produttive colpite, soprattutto nei settori dell’ospitalità, del commercio all’ingrosso e della vendita al dettaglio. Questo significa, per migliaia di persone, avere perso in un solo momento casa e reddito, ritrovandosi senza più nulla. Il numero delle scuole pubbliche e private che sono state danneggiate ha raggiunto le 178, con un grave impatto sui programmi educativi. Intersos riassume così i bisogni primari della popolazione: supporto per la riabilitazione degli alloggi, assistenza alimentare, supporto finanziario, distribuzione di prodotti per l’igiene personale e la pulizia degli ambienti: queste le principali richieste di aiuto tra le persone colpite. Tra i principali problemi (e fattori di insicurezza) c’è anche la perdita dei documenti di identità, segnalata dal 38% delle persone intervistate dal nostro staff, in particolare tra i rifugiati siriani. Infine in una situazione ancora lontana dalla normalità crescono, anche a settimane di distanza dall’esplosione, le problematiche psicologiche. Il 68% delle persone intervistate ha riportato disturbi come insonnia, crisi di ansia e di rabbia, attacchi di panico notturni o in presenza di forti rumori. Per questo l’aiuto necessario viene affiancato, quando necessario, dal supporto degli psicologi di Intersos.