VIENNA, 5 MARZO – In un evento a latere della la 63a Sessione Regolare della Commissione delle Nazioni Unite sulle droghe – Commission on Narcotic Drugs (CND) – che si chiude domani a Vienna e affronta il tema delle patologie indotte dall’uso di sostanze stupefacenti nel mondo – l’Italia è intervenuta con la sessione organizzata dal Governo su iniziativa di SIPaD, la Società Italiana Patologie da Dipendenza, in collaborazione con SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. L’evento è stato dedicato alle cause, agli effetti e all’impegno contro l’Epatite C.
Il presidente di SIPaD, Claudio Leonardi che è anche membro del gruppo di esperti di cura e riabilitazione dell’agenzia dell’Onu UNoDC ha aperto i lavori ricordando i dati attualmente a disposizione: ”Secondo l’OMS, a livello mondiale sono circa 130-150 milioni i portatori cronici del virus e tra le 300 mila e le 500 mila le persone che muoiono ogni anno per malattie epatiche correlate a questo virus – ha spiegato, aggiungendo – I maggiori tassi di incidenza di infezione si trovano nei Paesi dell’Asia Centro-Orientale e del Nord Africa. In Italia si stima un numero di persone HCV-positive intorno ai 1,7 milioni”.
“Quest’anno – ha detto Leonardi – la ‘Commission on Narcotic Drugs’ ha aperto un’interessante finestra sulle comorbilità correlate alle malattie indotte dalla tossicodipendenza, con particolare riferimento alle malattie mentali e alle infezioni virali. SIPaD (la Società Italiana Patologie da Dipendenza) ha così portato il suo contributo nella sede dell’ONU a Vienna”.
I SERD
Esaminando le cause, Leonardi ha rilevato che ”l’estensione dell’uso di sostanze psicotrope negli ultimi anni, soprattutto nella fascia di popolazione adolescenziale, ha assunto dei profili indefiniti, sia perché sono variate le modalità di assunzione, sia perché cambiano velocemente le sostanze introdotte sul mercato clandestino ed è, quindi, più difficile individuare le varietà di consumatori e di studiare specifiche strategie di prevenzione mirate. Inoltre, le persone a carico dei SerD (Servizi per le dipendenze territoriali) si sono progressivamente modificate nel tempo e in particolare è andato sempre più aumentando il numero di pazienti che assumono sostanze per via non endovenosa e sempre più diverse dall’eroina.
In considerazione dell’effetto di tali sostanze sui comportamenti individuali, inclusi quelli a livello sessuale, tale popolazione presenta un rilevante rischio di contrarre patologie infettive, tra le quali quelle da HIV, HBV, HCV e la sifilide”. ”Nel nostro Paese i SerD (Drug Addiction Center) hanno svolto negli ultimi 30 anni un importante lavoro in ambito preventivo nei confronti delle patologie infettive, con apprezzabili risultati. Attualmente i SerD hanno in carico circa 150.000 utenti, mentre si stima che circa il doppio siano i consumatori problematici che non sono in carico ai Servizi, ma che rischio necessiterebbero di un trattamento. In altri termini, in Italia vi sarebbero almeno 450.000 consumatori ad alto rischio, cioè soggetti che a seguito del loro consumo di sostanze potrebbero avere delle serie conseguenze negative, anche in termini infettivologici”. È per queste ragioni che i SerD hanno implementato attività di screening e di diagnosi dell’infezione da HCV. I farmaci ad azione diretta (DAAs) per il trattamento dell’infezione da HCV, ha affermato ancora Leonardi, ”rappresentano una enorme opportunità per implementare la presa in carico dei consumatori di sostanze e per migliorare gli outcome del trattamento”. Inoltre è stato rilevato che è necessario attuare strategie di ‘case-finding’ per scovare l’infezione in popolazioni ad alta prevalenza di HCV (che allo stesso tempo contribuiscono a mantenere attivo il ‘serbatoio’ di malattia), quali i soggetti con consumo attivo o pregresso di sostanze stupefacenti e i detenuti.
Un recente lavoro presentato durante il Congresso dell’American Association on Liver Disease (nel novembre 2019) ha stimato in Italia a gennaio 2018 una prevalenza di soggetti HCV positivi pari a 469.932 non ancora trattati, di cui 172.680 soggetti che fanno uso di droghe per via iniettiva. L’assunzione di sostanze stupefacenti rappresenta dunque uno dei problemi di fondamentale impatto sulla salute pubblica, in considerazione delle conseguenze a carico di ogni consumatore e dell’intero contesto sociale.
”Per favorire la ricerca del cosiddetto sommerso, ossia di quei pazienti affetti dalla malattia ma ignari della propria situazione, è fondamentale andare nei serbatoi del virus, come i SerD e le carceri – ha detto da parte sua Marcello Tavio Presidente SIMIT – Ed è quello a cui daremo seguito nel medio termine, anche grazie al decreto Milleproroghe e ai fondi messi a disposizione per gli screening della popolazione”. L’emendamento al mille proroghe approvato a febbraio prevede un ulteriore stanziamento di 71,5 milioni di euro per il biennio 2020-2021 per introdurre lo screening gratuito necessario a individuare i potenziali malati di epatite C per l’eradicazione dell’HCV tra i nati nelle fasce d’età 1969-1989, i soggetti seguiti dai SerD, i soggetti detenuti in carcere.
”La SIMIT si sta impegnando a mantenere uno stretto legame con i SerD italiani per avviare campagne di screening e di trattamento dei soggetti che fanno uso di sostanze stupefacenti – ha concluso il Direttore Scientifico SIMIT Massimo Andreoni – Queste strategie fino ad oggi hanno permesso di trattare un gran numero di pazienti e di ridurre la circolazione del virus. Adesso diventa indispensabile implementare nuove strategie, soprattutto ampliando campagne capillari di screening non solo all’interno dei SerD, ma anche sul territorio, per rendere sempre più facile l’utilizzo dei farmaci anche direttamente all’interno dei SerD stessi. L’impegno della SIMIT all’ONU è volto a condividere queste strategie e a creare un network internazionale. Solo un intervento a livello globale permetterà un reale controllo di questo virus”.