TRIPOLI, 2 MAGGIO – ”In coordinamento con le Nazioni Unite abbiamo creato due team mobili, che distribuiscono beni di prima necessità negli edifici dove spontaneamente si sono spostate le persone in cerca di un luogo protetto. Si tratta di scuole, moschee e altri edifici pubblici”: Federico Prelati, capo missione di INTERSOS in Libia racconta un conflitto che rischia di essere dimenticato.
Per la ong ”300 morti e 1500 feriti sono i numeri da bollettino di guerra che descrivono la terribile situazione che si è venuta a creare in Libia, a partire dagli scontri del 4 aprile. E ancora, 40.000 persone sfollate e 3.343 rifugiati e migranti, di cui il 27% minori, rinchiusi nei centri di detenzione vicini alle zone di conflitto. Una catastrofe umanitaria alla quale si sono aggiunti i bombardamenti delle ultime ore.
”Stiamo operando nel paese da qualche mese, con un progetto che prevede la protezione dei minori migranti, che accogliamo in un centro per ragazzi e ragazze a Suq Al Juma, Tripoli. Vista la situazione abbiamo dovuto chiuderlo, per evitare di mettere a repentaglio la vita dei nostri ospiti”.
Il Libia INGO Forum, di cui INTERSOS fa parte, insieme ad altre 16 organizzazioni che attualmente lavorano nel paese arabo, ha lanciato un appello per denunciare la situazione nella quale si trovano migliaia di civili, intrappolati nelle zone di conflitto, senza poter raggiungere zone più sicure. Molti convogli umanitari, ambulanze e operatori sono stati oggetto di attacchi indiscriminati: 3 operatori medico-sanitari sono stati uccisi e uno è rimasto gravemente ferito da quando sono iniziate le ostilità.
”Al momento – spiega Prelati – abbiamo raggiunto circa 7000 persone. Non solo sfollati e migranti ma anche cittadini di Tripoli, famiglie con bambini, che hanno paura a rimanere nelle loro case e sono rimasti senza possibilità di approvvigionamento….un grande aiuto lo stanno dando anche gli scout di Tripoli, che fanno da collegamento con gli abitanti che si trovano in condizioni di bisogno e i nostri team. All’interno delle scuole e negli assembramenti spontanei cerchiamo anche di fare attività ludiche e di sostegno psicologico per i bambini, che sono in stato di stress psicofisico, a causa degli accadimenti di questo ultimo periodo.”
La recente esplosione delle violenze prova, ancora una volta, che il paese non è un posto sicuro, né per i suoi abitanti né per rimpatriare migranti e rifugiati.
INTERSOS insieme agli altri membri del Libia INGO Forum chiede:
Alle parti in conflitto di:
• Rispettare le norme internazionali riguardanti il diritto umanitario e i diritti umani, garantendo un accesso umanitario sicuro, senza impedimenti né restrizioni e permettendo il passaggio sicuro dei civili e l’evacuazione medica.
• Cessare immediatamente gli attacchi sui civili e sulle infrastrutture civili e porre fine all’uso indiscriminato di armi esplosive in aree popolate. I residui bellici esplosivi continueranno a mettere in pericolo la popolazione civile per lungo tempo dopo la conclusione del conflitto.
All’Unione Europea e ai suoi Stati Membri di:
• Riconoscere che il risultato delle politiche migratorie attuali è il ritorno di migranti e rifugiati in un paese instabile e che è necessario riformarle. Ogni persona soccorsa in mare deve essere condotta in un porto sicuro come previsto dal diritto internazionale
• Incrementare urgentemente la capacità di ricerca e soccorso supportata dagli Stati membri dell’UE nel Mediterraneo centrale; porre fine alle azioni punitive volte a limitare il lavoro delle ONG che cercano di fornire una risposta umanitaria al fine di salvare vite in mare.
Alla comunità internazionale di:
• Impegnarsi ad aumentare i centri di reinsediamento e velocizzare l’evacuazione internazionale di coloro che sono trattenuti nei centri di detenzione verso un posto sicuro fuori dalla Libia, dove possano essere valutati i bisogni di protezione e di assistenza medica dei rifugiati e dei migranti.
Alla Organizzazione Marittima Internazionale di:
. Declassare il riconoscimento della zona SAR libica alla luce dell’attuale conflitto e dell’incapacità della Guardia Costiera libica di condurre attività di ricerca e soccorso.
(@novellatop, 2 maggio 2019)