ROMA, 6 MARZO – Tre anni di attesa, una pandemia, tanti imprevisti: doveva essere inaugurato nel 2019 uno degli eventi espositivi di più ampio respiro per la Cina, che finalmente il 3 marzo ha aperto i battenti nel Museo di Zhengzhou, capoluogo della provincia dell’Henan, nella valle del Fiume Giallo. Per la prima volta insieme nella mostra ‘Civiltà dei grandi fiumi’ – Nilo, Eufrate e Tigri, Indo, Fiume Giallo (Huanghe) e Fiume Azzurro (Yangtze Jiang) si confrontano attraverso 300 preziosi pezzi messi a disposizione da musei cinesi e italiani, facendo dialogare le culture sviluppatesi a migliaia di chilometri di distanza lungo il corso di quei grandi fiumi. Si tratta di vere e proprie culle di civiltà a tal punto che lungo le loro sponde sono innumerevoli i siti divenuti nel tempo patrimonio dell’UNESCO.La metà dei pezzi esposti provengono da tredici musei cinesi, e altrettanti, per la parte egiziana e mesopotamica, da quattro musei italiani, il Museo Egizio di Torino, i Musei Reali di Torino, il Museo d’Arte Orientale di Torino e il Museo Barracco di Roma.
La mostra – che rientra nel quadro delle attività dell’Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina – resterà aperta sino al 3 giugno nel Museo di Zhengzhou, metropoli di oltre dieci milioni di persone, nella valle del Fiume Giallo, culla della cultura cinese fin dalla preistoria. Organizzata dalla società italiana Arteficio e dalla cinese Art Exhibition China e con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino e Ambasciata d’Italia a Pechino, la mostra conta su un raffinato allestimento, esponendo gli elementi più significativi delle differenti culture, vita, morte, culti e credenze sono illustrati da pezzi di alto valore artistico in bronzo, terracotta e legno, dal 5.000 a.C. fino al secondo secolo dell’era cristiana.
Papiri egiziani, tavolette mesopotamiche con iscrizioni cuneiformi, ossa oracolari e carapaci con pittogrammi cinesi, mettono a confronto le prime scritture della storia dell’umanità. Sarcofagi egiziani, piccole mummie di animali, riproduzioni in terracotta di persone e delle abitazioni cinesi poste nelle tombe ad accompagnare i morti, spiegano i riti e la visione della morte tra i diversi popoli. Mentre utensili e oggetti di uso quotidiano raccontano la vita di ogni giorno, per certi aspetti così simile. Comune e dominante in tutte le civiltà il culto del Fiume, che fertilizzava le terre circostanti ma provocava inondazioni, che garantiva la sopravvivenza ma minacciava la distruzione.
L’idea è scaturita nel 2019 per l’interessamento dell’allora assessore alla Cultura della popolosa provincia della Cina Centrale, culla della civiltà cinese sin dalla preistoria, e oggi seconda solo al Guangdong per numero di abitanti. Molti di loro si concentrano nella metropoli di Zhengzhou, città che supera i 10 milioni di persone e che ha investito su un quartiere della cultura riunendo diverse istituzioni museali in un’area urbana che progressivamente sta cambiando volto, circondata da un grande parco in via di sviluppo. Come gran parte dei musei pubblici cinesi – un nutrito circuito di 6mila siti in tutto il Paese – anche il Museo di Zhengzhou, con i suoi 15mila metri quadri di superficie espositiva, si caratterizza per la vastità degli spazi, in altri casi poco sfruttati e qui invece oggetto di un riallestimento mirato a coinvolgere la moltitudine di visitatori che accorre specialmente durante i weekend, incoraggiata dalla gratuità dell’ingresso. E per la mostra appena inaugurata si attendono numeri più ingenti del consueto: ”Solitamente il museo conta ottomila visitatori al giorno, la mostra dovrebbe portare picchi giornalieri di 19mila persone – spiega Barbara Alighiero, riferendo le aspettative dei curatori. Con la compagine italiana coinvolta nell’operazione – il direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco e il professore Stefano de Martino dell’Università di Torino, in qualità di co-curatori – l’esperta sinologa, già direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, si è occupata con la società Arteficio della complessa organizzazione della mostra, tra i primi eventi espositivi di ampio respiro in uscita dalla pandemia: ”Al primo rinvio, nell’autunno 2020, sono seguite allerte continue, fino alle difficoltà impreviste dell’autunno scorso. Quando si pensava finalmente di poter inaugurare a dicembre 2022, con le opere dall’Italia già imballate per la partenza, la nuova ondata di Covid che ha paralizzato la Cina, con le scene di panico rimbalzate nelle cronache di tutto il mondo, ci ha bloccato di nuovo. Siamo rimasti in attesa, sempre con la valigia pronta, e solo un mese fa abbiamo avuto il via libera: ora il Paese è tornato alla normalità, e la mostra è partita”. E nel suo primo giorno di inaugurazione, ha totalizzato oltre settemila presenze.