POURNARA, 26 AGOSTO – L’estate di Sant’Egidio è anche tra i profughi accolti sull’isola di Cipro; molti sono ragazzi soli, tra i 15 e i 17 anni, partiti ancora più piccoli dall’Afghanistan, dalla Somalia, o da altri paesi segnati da guerre o regimi violenti. Alle spalle, storie difficili e dolorose: qualcuno ha perso i genitori, altri sono stati mandati lontano dalle stesse famiglie perchè si salvassero dalla violenza che affligge i paesi di origine.I minori non accompagnati sono oltre 750 in tutta l’isola, accolti in diverse strutture: circa 200 sono nel campo profughi di Pournara, in un’area denominata “Safe Zone”, ovvero una zona protetta, destinata soltanto a loro. Altri sono in alcune strutture di accoglienza a Nicosia, o in hotel adibiti a rifugi nelle città di Paphos e Larnaca.
Sono stati loro i destinatari di molte delle attività dell’estate di solidarietà con i migranti a Cipro della Comunità: scuola di lingua, a Nicosia e a Pournara, dove alcuni di loro si sono affiancati ai volontari per aiutare nel servizio ai tavoli alla Tenda dell’Amicizia oppure nella cura dei più piccoli alla Scuola della Pace; gite culturali e ricreative con i ragazzi di Larnaca e Paphos.
Spesso considerati “difficili”, sono ragazzi che hanno bisogno di ritrovare l’infanzia, perduta nei lunghi viaggi o nell’incontro precoce con l’orrore della guerra e delle persecuzioni. Colpisce in loro il senso di solitudine: all’euforia del viaggio e della scoperta di novità, si è presto sostituita la preoccupazione per il futuro, il sentirsi soli con poche risorse. Alcuni di loro sono in attesa di essere trasferiti in altri paesi europei dove potranno ricongiungersi ai familiari, ma per altri questa possibilità non c’è e aspettano la maggiore età sull’isola senza grandi speranze.
Con gli amici di Sant’Egidio che quest’estate si sono alternati a Cipro da tutta l’Europa i ragazzi hanno potuto respirare un’aria nuova, che ha rotto la monotonia di giornate sempre uguali. Grazie anche alla collaborazione degli operatori del Ministero del Welfare cipriota che li hanno in affidamento, è stato infatti possibile coinvolgere quasi tutti loro. Nella quotidianità degli incontri hanno cominciato a conoscersi, ad ascoltare le storie, a consolare le loro sofferenze.