ROMA, 10 GIUGNO – La quantità di fondi necessari a rispondere alla crisi climatica globale – tra siccità e inondazioni sempre più estreme e imprevedibili – è oggi superiore di 8 volte rispetto a 20 anni fa, tenendo conto dei soli appelli delle Nazioni Unite per una risposta umanitaria nelle diverse aree del mondo. I paesi donatori in media stanziano appena la metà di quanto necessario, mentre aumentano in modo esponenziale fame e profughi climatici.
È l’allarme lanciato da Oxfam con un nuovo rapporto, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC), in programma a Bonn fino al 16 giugno, che precede la Cop27 di novembre in Egitto.
I dati evidenziano come sia cresciuto negli anni il bisogno di risorse che tardano ad arrivare: se nel biennio 2000-2002 servivano in media 1,6 miliardi per far fronte alla crisi climatica nei paesi più colpiti, tra 2019 e il 2021 la cifra è aumentata dell’819%, arrivando a 15,5 miliardi. Allo stesso tempo i paesi più ricchi, responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2, hanno stanziato dal 2017 appena il 54% dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite, ossia 33 miliardi di dollari in meno di quanto necessario a salvare migliaia di vite.
Numeri fuori controllo se si considera che i fondi stimati negli appelli dell’Onu si concentrano solo sui bisogni umanitari più urgenti e rappresentano appena una piccola parte dei costi reali della crisi climatica. Il costo dell’impatto di eventi meteorologici estremi nel solo 2021, ad esempio, è stato stimato in 329 miliardi di dollari a livello globale, il terzo dato più alto mai registrato e quasi il doppio di quanto stanziato per i paesi in via di sviluppo per lo stesso anno. Dal 2000, circa 3,9 miliardi di persone nei paesi a basso e medio reddito sono state colpite da disastri climatici, ma gli appelli delle Nazioni Unite hanno previsto aiuti solo per circa 474 milioni di persone, ossia 1 persona su 8.
”L’attività umana è responsabile già oggi dell’aumento di 1,1°C delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali. – ha detto Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – Un’emergenza che non farà che peggiorare se, stando alle attuali proiezioni, supereremo la soglia di sicurezza di 1,5°C di aumento delle temperature. I costi per l’intera umanità saranno enormi se non avremo la capacità di intervenire subito per ridurre i livelli di emissioni. Allo stesso tempo non possiamo ignorare le enormi perdite e i danni economici o non economici che significheranno perdita di vite umane, di terra e biodiversità, di case, scuole, posti di lavoro, culture locali e indigene”.
Sono 11 i paesi colpiti da almeno 10 eventi climatici estremi negli ultimi anni: Afghanistan, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Kenya, Niger, Somalia, Sud Sudan e Zimbabwe. Una mappa che descrive un’emergenza umanitaria globale a cui è sempre più difficile rispondere, sia per la costante crescita della frequenza e intensità degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, sia per la mancanza dei finanziamenti necessari a mitigarli, sostenendo l’adattamento delle comunità più vulnerabili. Le conseguenze più dirette e immediate sono l’aumento vertiginoso dell’insicurezza alimentare e degli sfollamenti forzati di milioni di persone.