ROMA, 9 APRILE – La recente aggressione russa nei confronti dell’Ucraina ha sollevato all’interno dell’opinione pubblica un acceso dibattito riguardo all’efficacia, e talvolta l’utilità, delle Nazioni Unite. Molti, a partire dal presidente ucraino Volodymyr Zelenski, hanno sottolineato l’inabilità della principale organizzazione internazionale a livello globale, con organi appositamente deputati al mantenimento della pace e della sicurezza, di intervenire in difesa di uno stato sovrano arbitrariamente invaso da un altro. Le Nazioni Unite hanno offerto una risposta sul proprio sito online esaminando cinque tra le principali domande che le vengono rivolte e spiegando quali sono i limiti e i poteri dell’Onu nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Impotenti a fermare una guerra?
L’articolo 24 della Carta ONU conferisce al Consiglio di Sicurezza “la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”, responsabilità che rientra tra i fini principali dell’organizzazione come specificato già nel preambolo e nell’articolo 1. Tale responsabilità è legittimata dall’articolo 25, che specifica che le decisioni prese dal CdS sono vincolanti per gli Stati membri. In termini di mantenimento della pace e della sicurezza, il Cds ha dunque a disposizione le misure previste dal Capitolo VII della Carta, ed in particolare le misure non implicanti l’uso della forza (art. 41) e quelle implicanti l’uso della forza (art. 42). Accadde per la prima volta nel 1950 quando il Consiglio autorizzo’ l’uso della forza per assicurare il ritiro delle truppe nordcoreane dalla Corea del Nord. L’azione del Consiglio è tuttavia fortemente limitata dal potere di veto dei cinque Membri permanenti (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e USA). Da notare che i P5 non sono quelli originari previsti dalla Carta: Pechino e’ subentrata a Taiwan nel 1971 mentre nel 1991, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, la Russia si e’ arrogata il diritto di veto dell’Urss.
Cos’e’ il potere di veto?
Per materie “procedurali” il Consiglio di Sicurezza puo’ agire sulla base del parere favorevole di 9 dei suoi 15 membri, ma su tutte le altre questioni, oltre al si di nove dei 15 membri, e’ previsto che “tra questi nove i cinque membri permanenti devono esprimersi allo stesso modo”. Questo significa che anche solo un voto contrario di uno dei P5 puo’ prevenire l’adozione di bozze di risoluzione relative a materie di sostanza.
Il potere di veto è dunque stato usato ampiamente dai Membri permanenti a partire dalle prime sessioni del Consiglio per un totale di 304 volte, di cui il 49% (149) delle volte dall’URSS/Federazione Russa, 29% (87) dagli USA, 10% (32) dal Regno Unito e 6% (18) da Francia e Cina. Fino agli anni ’70 il ricorso al potere di veto è stato quasi un’esclusiva dell’Unione Sovietica, ma in seguito anche gli Stati Uniti hanno cominciato a farne ricorso, solitamente in merito a risoluzioni riguardanti l’area del Medio Oriente ed in particolare quelle inerenti al conflitto israelo-palestinese.
In caso di paralisi in Consiglio, cosa puo’ fare l’Assemblea Generale?
Il potere di veto non ha impedito l’azione del Consiglio in tutte le circostanze, ma già a partire dal 1950, sulla base della Risoluzione 377 (V) meglio conosciuta come Uniting for Peace, si è sviluppato nella prassi un metodo alternativo di intervento grazie al ruolo dell’Assemblea. E’ successo in passato per operazioni di mantenimento della pace: prima durante la Guerra di Corea e poi, nel 1956 durante la crisi di Suez, quando, di fronte allo stallo in Consiglio di Sicurezza, l’Assemblea istitui’ la prima Forza Onu di Emergenza (UNEF I) in Medioriente.
L’Assemblea puo’ inoltre riunirsi in Sessioni Speciali di Emergenza se richiesto da nove membri del consiglio o da una maggioranza degli Stati membri dell’Assemblea: se ne sono tenute finora 11, otto delle quali chieste dal Consiglio di Sicurezza tra le quali l’ultima sull’Ucraina decisa dalla maggioranza dei membri del Consiglio di Sicurezza nonostante il no di Mosca. Durante questa ultima sessione sono state adottate tre risoluzioni tra cui quella che ha sospeso la Russia dal Consiglio per i Diritti Umani. Il problema principale delle risoluzioni dell’Assemblea è che esse non sono vincolanti.
Puo’ uno Stato membro essere espulso dall’ONU?
E quali rischi corre dunque la Russia in seguito all’aggressione deliberata ai danni dell’Ucraina? Nella storia dell’organizzazione non e’ mai successo, ma la carta lo prevede al suo articolo 6 in base al quale un membro delle Nazioni Unite può essere cacciato in seguito alle persistenti violazioni dei suoi principi. La sospensione dei privilegi, tra cui il diritto di voto, è prevista all’articolo 5, ma necessita comunque il si’ del Consiglio di Sicurezza. L’ONU fa notare inoltre che, a meno che volontariamente accetti di essere espulso o sospeso, uno stato membro permanente puo’ essere rimosso solo con un emendamento alla Carta come previsto dal capitolo XVIII.
Possono essere prese peraltro misure intermedie: per esercitare pressione sul Sudafrica al tempo dell’apartheid, nel 1963 l’Onu istitui’ un embargo delle armi volontario e l’Assemblea Generale rifiuto’ le credenziali agli inviati di Pretoria dal 1970 al 1974. Il Sudafrica non partecipo’ alle riunioni dell’Assemblea fino al 1994 quando il regime discriminatorio contro i neri fu abolito.
Cosa puo’ fare il Segretario generale?
Un ulteriore strumento a disposizione delle Nazioni Unite è il Segretario Generale, che grazie alla sua imparzialità ed indipendenza dagli Stati membri è in grado di facilitare il processo di mediazione tra le parti grazie al ricorso ai cosiddetti “buoni uffici”. Alla fine di marzo il Segretario generale Antonio Guterres ha invocato l’uso dei “buoni uffici’ e incaricato il Sottosegretario martin Griffith di esplorare la possibilita; di un cessate-il fuoco umanitario tra Russia e Ucraina e ad altri Paesi di adoperarsi per cercare una soluzione pacifica alla guerra in corso. (@OnuItalia)