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martedì, Ottobre 8, 2024

Riforma CdS: Massari (UfC), “veto paralizza le decisioni”

NEW YORK, 7 MARZO – Il potere di veto in Consiglio di Sicurezza e le categorie di membri (permanenti e non) del Consiglio, sono stati discussi oggi alle Nazioni Unite nel contesto della piattaforma IGN, il Negoziato Intergovernativo chiamato ad affrontare il tema della riforma. L’Italia e’ intervenuta a nome del Gruppo di Paesi “Uniting for Consensus” (UfC) di cui e’ coordinatore.  “Come testimoniato solo pochi giorni fa, il veto incide profondamente sull’efficienza del Consiglio di Sicurezza, con un effetto paralizzante sulle capacità decisionali”, ha detto il Rappresentante Permanente d’Italia all’ONU Amb. Massari in riferimento allo stallo sulla crisi ucraina in Consiglio. “Non ci sono dubbi: il veto è in contraddizione con i principi di democrazia, efficienza ed uguaglianza sovrana tra gli Stati. Sebbene possa essere stato pensato in uno specifico contesto storico, oggi non ha più una giustificazione plausibile”, ha continuato l’Ambasciatore.

Sarebbe ideale abolirlo dunque, ma i paesi dell’UfC riconoscono che è improbabile che ciò avvenga, date le disposizioni dell’articolo 108 della Carta dell’ONU. La proposta e’ di adottare un approccio graduale e cercare di definire le migliori modalità per limitarne l’uso da parte dei cinque Paesi che godono di questo potere in Consiglio (ovvero i membri “permanenti”: oltre alla Russia, la Cina, la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti).

Il veto in Consiglio di Sicurezza è d’altra parte direttamente legato allo status di membro permanente e, quindi, alla questione delle categorie di membri del Consiglio. Per questo il Gruppo UfC guidato dall’Italia sostiene un ampliamento del Consiglio solo nella categoria dei membri non permanenti: creare nuovi seggi permanenti significherebbe avallare nuove posizioni di privilegio di certi Paesi rispetto ad altri.

Per rappresentare al meglio la realtà di un mondo in continuo cambiamento “non si possono, applicare le logiche del passato (peraltro adottate in un contesto storico unico, quello del secondo dopoguerra), basate su ‘vincitori e vinti’, né classificazioni basate sul criterio di “potenza”, che accentuerebbe le gerarchie e divisioni tra i vari Paesi e penalizzerebbe i Paesi piccoli, ha detto l’Ambasciatore.

Perché oggi alcuni Stati membri, e non altri, dovrebbero avere il diritto di diventare membri permanenti del Consiglio? Sulla base di quali criteri oggettivi e riconosciuti dall’intera membership onusiana? E i criteri in base ai quali verrebbero eventualmente  scelti i nuovi membri permanenti continueranno a essere soddisfatti da questi ultimi tra 25 o 50 anni da oggi? Che dire poi della logica della democrazia e dell’uguaglianza tra gli Stati membri, che è al cuore delle Nazioni Unite?

Il nuovo Consiglio immaginato da UfC sarebbe composto da 26 seggi in totale: agli attuali 10 membri non permanenti elettivi si aggiungerebbero 11 nuovi membri, per un totale di 21 membri non permanenti elettivi. Nove di questi undici seggi aggiuntivi avrebbero un mandato più lungo (questo, al fine di soddisfare le richieste di quegli Stati membri che desiderano servire per periodi più lunghi) e sarebbero eletti dai gruppi regionali, al fine di garantire una più equilibrata ed equa rappresentanza principalmente dei Paesi in via di sviluppo (su tutti, quelli africani e dell’Asia-Pacifico e i piccoli Stati insulari), questi ultimi storicamente penalizzati nella partecipazione al Consiglio. (@OnuItalia)

 

OnuItalia
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Il giornale Italiano delle Nazioni Unite. Ha due redazioni, una a New York, l’altra a Roma.

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