GINEVRA, 10 FEBBRAIO – Stime al ribasso per il mercato del lavoro globale: secondo l’Onu nel 2022 si prevedono ore di lavoro perse equivalenti a 52 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, portando il tasso globale di disoccupazione lontano da quello pre-pandemia.
La pandemia da Covid-19 e l’impatto delle sue recenti varianti, come Delta e Omicron, continuano quindi ad avere effetti negativi sul mondo del lavoro secondo l‘Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) nel suo Rapporto ‘World Employment and Social Outlook – Trends 2022’.
”Non ci può essere una vera ripresa da questa pandemia senza un’ampia ripresa del mercato del lavoro – commenta Guy Ryder, direttore Generale dell’ILO – Per essere sostenibile, la ripresa deve basarsi sui principi del lavoro dignitoso, inclusi salute e sicurezza, equità e protezione sociale”.
È molto probabile, evidenzia il Rapporto, che le performance del mondo del lavoro non ritornino ai livelli pre-pandemia per diversi anni. Nel 2022, le proiezioni dell’ONU suggeriscono un deficit di ore lavorative equivalente a 52 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Nonostante questa cifra rappresenti un miglioramento rispetto al 2021, rimane quasi il 2% al di sotto del numero di ore lavorate a livello globale prima della pandemia.
Nel 2022, continua il Report, il rapporto occupazione/popolazione dovrebbe attestarsi al 55,9%, ovvero 1,4% al di sotto del livello del 2019. La disoccupazione globale dovrebbe interessare circa 207 milioni di individui, superando di circa 21 milioni il livello del 2019. Il numero di lavoratori estremamente poveri, ovvero i lavoratori e le lavoratrici che non guadagnano abbastanza per mantenere se stessi e le loro famiglie al di sopra della soglia di povertà, è aumentato di 8 milioni.
La ripresa, continua il Rapporto, laddove si verifica, mostra andamenti variabili in base ai Paesi e ai settori. La ripresa dell’occupazione nei Paesi a basso e medio reddito registra dati inferiori rispetto ai Paesi più ricchi. Una differenza dovuta principalmente ai tassi di vaccinazione e alle tutele fiscali. Aspetto che colpisce maggiormente i Paesi in via di sviluppo, dove a pesare sono le disuguaglianze, le condizioni di lavoro e i sistemi di protezione sociale inefficienti già prima della pandemia.Più in generale gli indicatori chiave del mercato del lavoro in tutti i continenti sono ancora al di sotto rispetto ai livelli pre-pandemia. Le proiezioni al 2023 suggeriscono che non ci sarà piena ripresa. L’Europa e le regioni del Pacifico sono quelle che si avvicineranno di più a tale obiettivo, mentre America Latina, Caraibi e Sud-est asiatico sono le regioni con prospettive peggiori.
Le economie in via di sviluppo, che dipendono dalle esportazioni di beni o materie prime ad alta intensità di manodopera, dimostrano difficoltà ad adattarsi alla volatilità della domanda causata dai cambiamenti della crescita economica. Le economie dipendenti dal turismo risentono pesantemente della chiusura delle frontiere e della perdita di entrate.
Le imprese più piccole sono quelle che registrano un calo maggiore dell’occupazione e dell’orario di lavoro rispetto alle imprese più grandi. Un deficit che, a cascata, porta a una riduzione dei redditi e così, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (dove mancano sistemi di protezione sociale capaci di integrare e stabilizzare i redditi) si aggrava lo stress finanziario delle famiglie già economicamente vulnerabili, con effetti su salute e alimentazione.
Più in generale, sottolinea il Rapporto, la ripresa asimmetrica dell’economia mondiale ha iniziato a produrre effetti a catena sul lungo periodo, sia in termini di incertezza che di instabilità, che potrebbero bloccare la ripresa. I cambiamenti nella domanda di mercato, l’aumento dei servizi online, i costi commerciali alle stelle e i cambiamenti nell’offerta di lavoro hanno creato colli di bottiglia nel settore manifatturiero, impedendo il ritorno alle condizioni del mercato del lavoro pre-pandemia.
Secondo ILO occorre ricostruire l’economia in modo da affrontare le disuguaglianze sistemiche e strutturali assieme alle sfide sociali ed economiche a lungo termine, come il cambiamento climatico. Il raggiungimento di una ripresa, incentrata sull’uomo, conclude il Rapporto, dovrà basarsi su quattro pilastri: crescita e sviluppo economico inclusivo, protezione dei lavoratori, protezione sociale universale e dialogo sociale.