NEW YORK, 24 GIUGNO – Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha lanciato oggi un appello urgente in favore degli aiuti salvavita nel nord ovest della Siria. ”I convogli umanitari provenienti dalla Turchia che portano aiuti salvavita in Siria devono continuare”, ha detto parlando di fronte al Consiglio di sicurezza.
Più di 1.000 camion hanno trasportato cibo, medicine e altri aiuti attraverso il valico di frontiera di Bab al-Hawa ogni mese nell’ultimo anno, ma una risoluzione che autorizza queste operazioni scadrà il 10 luglio. “Faccio un forte appello ai membri del Consiglio affinché raggiungano un accordo per far proseguire tali operazioni transfrontaliere come canale vitale di sostegno per un altro anno”, ha detto Guterres – La mancata proroga dell’autorizzazione del Consiglio avrebbe conseguenze devastanti”, ha avvertito.
Un decennio di guerra in Siria ha lasciato 13,4 milioni di persone dipendenti dagli aiuti umanitari. L’operazione umanitaria delle Nazioni Unite è la più grande del mondo, anche e naturalmente non è l’unica, con circa 10 miliardi di dollari necessari per sostenere le persone colpite dal conflitto, sia nel paese sia in qualità di rifugiati in tutta la regione.
Il Segretario generale ha riferito che per molti siriani le condizioni sono peggiori che in qualsiasi altro momento dall’inizio della guerra e la situazione nel nord-ovest è la più terribile del paese. Più del 70 per cento delle persone ha bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere e quasi tre milioni sono sfollati.
Guterres ha ripetuto che è necessario un maggiore accesso umanitario per raggiungere i più bisognosi.
”Mentre l’orologio corre e gli ambasciatori deliberano, l’Onu e i partner continueranno a fornire assistenza ai siriani”, ha detto al Consiglio il capo facente funzione dell’Ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, OCHA, Ramesh Rajasingham, secondo il quale il meccanismo transfrontaliero è anche “una delle operazioni di aiuto più attentamente esaminate e monitorate al mondo”, e la sua mancata estensione avrà conseguenze nette in quanto le ONG non sarebbero in grado di soddisfare le enormi esigenze della popolazione. Rajasingham ha sottolineato che mentre le Nazioni Unite e i partner usano tutti i mezzi possibili per raggiungere le persone nel nord-ovest della Siria, le operazioni attraverso le prime linee dall’interno del paese non sono state possibili, anche se le consultazioni continuano. Tuttavia, tali operazioni completerebbero e non sostituirebbero il meccanismo transfrontaliero. “Quando si tratta di fornire aiuti salvavita alle persone bisognose in tutta la Siria, tutti i canali dovrebbero essere resi e mantenuti disponibili”, ha detto. Va ricordato che sono molte le ONG i.taliane che da anni fanno aricvre aiuti umanitai ai profughi siriani
Anche la Cei ha fatto sentire la sua voce. Il ponte umanitario italiano per i profughi riapre, ha annunciato, alla fine del tunnel della pandemia c’è anche la luce dei corridoi umanitari per chi è rimasto bloccato più di un anno.o studiare o lavorare.
La Cei, grazie a questi protocolli ha organizzato negli ultimi anni – soprattutto tramite la Caritas Italiana, Migrantes e col sostegno delle comunità locali – partenze da Medio Oriente e Africa di richiedenti asilo in condizioni di vulnerabilità, individuati nei campi profughi di Etiopia, Giordania e Niger. Al progetto hanno partecipato la Chiesa Valdese, la Comunità di Sant’Egigio, la Caritas,l’UNHCR, l’ong Ghandi
”Anche durante le chiusura non ci siamo mai fermati – spiega Oliviero Forti, responsabile migrazioni della Caritas nazionale – ora con i contesti così mutati stiamo lavorando a una ripresa regolare per portare in Italia un numero congruo di rifugiati. È una esortazione ai governi europei a tutelare i profughi che si trovano in luoghi in cui non possono avere un futuro”
Lo scorso 26 maggio sono arrivate 36 persone dalla Giordania. Si tratta di siriani, cristiani iracheni e somali che vivevano in alloggi urbani nella capitale giordana.
A settembre arriveranno infine gli studenti universitari selezionati nei campi profughi in Etiopia per entrare in 11 università italiane grazie a un protocollo siglato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Unchr da Caritas Italiana, Diaconia Valdese e Gandhi Charity per proseguire il percorso accademico in Italia attraverso delle borse di studio. Si tratta dei corridoi universitari, progetto partito nel 2019. N