ROMA, 18 GIUGNO – Alla vigilia della Giornata mondiale del Rifugiato, che si celebra il 20 giugno, l’OIM, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, e l’UNHCR hanno confermato che oltre 270 migranti e rifugiati sono stati consegnati alla Guardia Costiera libica dalla nave ‘Vos Triton’, battente bandiera di Gibilterra.
La nave aveva soccorso i migranti e rifugiati in acque internazionali lo scorso lunedì 14 giugno. Il 15 giugno la Guardia Costiera libica li ha riportati indietro nel porto di Tripoli, dove sono stati mandati in detenzione dalle autorità locali.
OIM e UNHCR ribadiscono che nessuno dovrebbe essere riportato in Libia dopo essere stato salvato in mare. Secondo il Diritto Marittimo internazionale, le persone salvate devono essere fatte sbarcare in un porto sicuro.
Il personale delle agenzie Onu è presente in Libia per fornire assistenza umanitaria salvavita. Tuttavia, le due organizzazioni ribadiscono che mancano le condizioni di base per garantire la sicurezza e la protezione dei migranti e dei rifugiati soccorsi dopo lo sbarco; pertanto, la Libia non può essere considerata un porto sicuro.
In assenza di meccanismi di sbarco prevedibili, chi opera soccorsi in mare non dovrebbe essere obbligato a riportare rifugiati e migranti in luoghi non sicuri.
La Guardia Costiera libica ha riportato più di 13.000 persone in Libia quest’anno, un numero che ha già superato il totale di tutti i migranti e rifugiati intercettati in mare e riportati indietro nel corso dell’intero 2020. Altre centinaia di persone sono morti in mare.
Le continue partenze dalla Libia evidenziano come sia necessario istituire un meccanismo prevedibile di sbarco lungo la rotta del Mediterraneo centrale, con effetto immediato e nel pieno rispetto dei principi e degli standard internazionali sui diritti umani.
Le organizzazioni chiedono anche la fine della detenzione arbitraria in Libia, attraverso l’istituzione di un processo di revisione giudiziaria, e sostengono la necessità di trovare alternative alla detenzione e di rimettere immediatamente in libertà i più vulnerabili.