NEW YORK/MILANO, 3 MAGGIO – “Privilegiamo le persone rispetto alle spese militari incontrollate”: scrivono cosi’, in un editoriale pubblicato dal Corriere della Sera in occasione della decima edizione delle Giornate mondiali di azione sulle spese militari, l’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il Disarmo Izumi Nakamitsu la Direttrice Esecutiva di UN Women Phumzile Mlambo-Ngcuka.
“La pandemia sta a ricordare a noi tutti, ma in particolare alle donne, che le tradizionali nozioni di ‘sicurezza’ che alimentano l’industria militare non sono in grado di tutelarci dai pericoli e dalle sfide che fronteggiamo abitualmente. Prima del COVID-19, le donne erano già sovrarappresentate nei settori economici vulnerabili e pagavano le maggiori conseguenze legate all’assistenza non remunerata e al lavoro domestico”, scrivono gli esponenti dell’Onu convinti che tre cose debbano accadere nel dopo-Covid: “Innanzitutto, dobbiamo rifiutarci di sottrarci a domande impegnative. Chi può sentirsi protetto dalla modernizzazione o dall’espansione di armi, come le bombe nucleari, il cui uso comporterebbe una catastrofe umana, con un impatto sproporzionato per donne e ragazze? Per mettere fine alla nostra dipendenza globale dalle armi, i governanti devono prendere in considerazione un approccio alla sicurezza più centrato sull’essere umano, che riconosca come i Paesi hanno perseguito il disarmo per secoli come un modo per proteggere se stessi e prevenire inutili sofferenze umane. Ciò richiederà volontà politica e rivitalizzazione della diplomazia rispetto a enormi investimenti militari. In secondo luogo, occorre prendere seriamente in considerazione le voci di quanti chiedono la fine della degenerazione delle spese militari”.
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