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giovedì, Novembre 7, 2024

Riforma Consiglio: Zappia per UfC, “legittimita’ e rappresentativita’ concetti chiave”

NEW YORK, 16 MARZO – Ha preso oggi il via al Palazzo di Vetro la sessione 2021 del negoziato intergovernativo sulla riforma del Consiglio di Sicurezza ONU. La Rappresentante Permanente italiana, Ambasciatrice Mariangela Zappia, è intervenuta a nome del gruppo Uniting for Consensus, guidato dall’Italia, osservando che “legittimità e rappresentatività sono concetti-chiave della nostra visione di riforma”.

UfC punta a un allargamento del Consiglio attraverso un aumento dei suoi seggi elettivi. “Nel 1945, gli Stati membri ONU erano 51 e i seggi elettivi in Consiglio erano sei: facendo una proporzione, meno di otto Stati competevano quindi per un seggio in Consiglio”, con buone probabilità di essere eletti. Oggi queste probabilità si sono rarefatte: “L’ONU è cresciuta a 193 Stati membri ma i seggi elettivi sono solo dieci: sono quindi ben diciannove gli Stati a competere per ogni seggio”, ha continuato la Rappresentante Permanente ponendo l’accento sulle ridotte possibilità di accedere al Consiglio soprattutto per i piccoli Stati e i Paesi meno sviluppati, tutt’oggi cronicamente sotto-rappresentati nell’organismo.

La proposta UfC, se approvata, porterebbe il numero dei membri eletti del Consiglio da 10 a 21, ripristinando la proporzione di 1/9, la stessa che il Consiglio presentava ai suoi albori dopo la celebre Conferenza di San Francisco. In questo modo, il Consiglio non solo guadagnerebbe in rappresentatività ma anche in legittimità nei confronti della intera membership.

Tradotto in termini di “metodi di lavoro”, altro punto in agenda della riunione di oggi, il Consiglio aumenterebbe anche la propria efficienza ed efficacia, perché nelle parole dell’Ambasciatrice “se i membri eletti non hanno posizioni di vantaggio o privilegio da difendere, sono naturalmente inclini a migliorare procedure e metodi come garanzia di trasparenza e inclusività degli altri Stati membri”.

Un siffatto Consiglio faciliterebbe anche i processi decisionali fra Consiglio stesso e Assemblea Generale (unica istituzione ONU ad avere una composizione universale), con beneficio e rafforzamento reciproco dei due organismi.

In ogni caso, ha detto la Zappia, “gli interessi degli Stati membri trattati nell’agenda del Consiglio, devono sempre essere presi in debita considerazione”: ad esempio nel definire o rinnovare i mandati delle Operazioni di Peacekeeping devono essere sentiti i Paesi contributori alle forze Troop and Police, le cui donne e uomini rischiano la vita ogni giorno sul terreno. “Serve pragmatismo, disponibilità al compromesso e puntare a una riforma che sia davvero per tutti. Una riforma solo per alcuni, non solo è anacronistica e antidemocratica: è una riforma che non ha futuro”.

Il dibattito sulla riforma del Consiglio di Sicurezza risale ai primi anni Novanta, da quando con Bill Clinton presidente americano e Boutros-Boutros Ghali segretario generale dell’Onu, gli Stati Uniti si sbilanciarono per allargare il massimo organo di governo politico del mondo con quattro nuovi seggi permanenti assegnati a Germania, Giappone, India e Brasile. Il gruppo Uniting for Consensus era stato costituito per dare veste formale al cosiddetto “Coffee Club”, un raggruppamento di una cinquantina di paesi di medie dimensioni tra cui l’Italia, fautori di una riforma dell’Onu all’insegna della trasparenza e della inclusione. (@OnuItalia)

 

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Il giornale Italiano delle Nazioni Unite. Ha due redazioni, una a New York, l’altra a Roma.

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