ROMA, 19 FEBBRAIO – In occasione della Giornata Internazionale della Lingua Madre che si celebra il 21 febbraio, la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO ha pubblicato un approfondimento sul caso Italia che punta i riflettori sull’impegno dell’UNESCO nella promozione e nella tutela del multilinguismo e presenta la situazione specifica del Paese, dove dodici “minoranze linguistiche storiche” sono riconosciute a livello normativo.
La diversità linguistica nel mondo è fortemente minacciata e un numero sempre più alto di lingue sta scomparendo. Circa il 40% delle popolazioni non ha accesso all’istruzione nella lingua che parlano e di conseguenza le conoscenze e le culture tradizionali che si esprimono nelle lingue originali rischiano di non essere più trasmesse alle nuove generazioni.
Il panorama delle dodici minoranze linguistiche storiche italiane – frutto di culture di lingua non italiana che, nel corso della storia, si sono variamente insediate e integrate sul territorio nazionale, fino a diventare una parte essenziale della complessiva identità di italiani – e’ affascinante. Molte di queste minoranze intrattengono ancora oggi legami fortissimi con i loro luoghi di origine e ne utilizzano la lingua, testimoniando una significativa continuità storica di riferimenti culturali, in qualche caso agevolati anche dalla vicinanza geografica. Le minoranze sono tutelate da un’apposita normativa (Legge 15 Dicembre 1999, n. 482) che prevede la “tutela della lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo”.
– Gli Albanesi in Italia meridionale (tra le 70 e le 100.000 persone) sono arrivati in seguito a migrazioni fra il Quattro e il Settecento in alcune decine di comuni sparsi dalla Sicilia alla Calabria (dove vi è la maggiore concentrazione), dalla Basilicata alla Campania, dalla Puglia al Molise e all’Abruzzo.
– Le lingue Germaniche sono parlate lungo l’arco alpino, in una varietà di situazioni storiche e sociolinguistiche.
– Le minoranze Greche sono concentrate in Aspromonte e nel Salento.
– Le Slovene (circa 60.000 persone) si trovano lungo il confine orientale in provincia di Trieste e di Gorizia, compresa una parte delle popolazioni dei due capoluoghi. In provincia di Udine, lungo la frontiera, si parlano dialetti slavi dei quali la popolazione locale tende ad affermare l’originalità rispetto allo sloveno standard.
– Tre piccoli centri del Molise accolgono minoranze linguistiche Croate (circa 3.000 persone).
– Minoranze Catalane (circa 15.000 persone) sono ad Alghero in Sardegna.
La legge del 1999 parla anche di “popolazioni parlanti”: il francese in Val D’Asta e in alcune valli della provincia di Torino, ma anche, in seguito a un’antica migrazione, in due piccoli centri della Puglia, e nelle stesse regioni il franco-provenzale (dalle 50 alle 70.000 persone) e l’occitano (dalle 20 alle 40.000 persone), parlato nelle alte valli alpine del Piemonte occidentale tra la Vermenagna e la Val di Susa e in un comune della Calabria; il friulano, praticato in gran parte del Friuli , con un’appendice in provincia di Venezia; il ladino (circa 30.000 persone) diffuso in alcune valli della provincia di Bolzano (dove la popolazione ha per seconda lingua il tedesco e gode di maggiori prerogative nell’uso delle varietà locali) e in aree delle province di Trento e Belluno (dove lo si parla accanto all’italiano); il sardo (circa un milione di persone) praticato nelle sue diverse varietà in gran parte della Sardegna, ad esclusione delle isole linguistiche catalane e tabarchine e della fascia settentrionale dell’isola, dove prevalgono invece dialetti còrsi (e per inciso, nota la CNI, il còrso è riconosciuto come lingua minoritaria in Francia ma non in Italia).
Altre minoranze linguistiche includono i dialetti cosiddetti “galloitalici” o “alto italiani” (circa 60.000 parlanti) diffusi in Sicilia e (con modalità diverse di conservazione) in Basilicata e in Campania, come conseguenza di migrazioni di epoca medievale dall’Italia settentrionale, e il tabarchino (circa 10.000 persone), una varietà di origine ligure diffusa oggi in due centri della Sardegna meridionale, dove è stata trasferita nel corso del Settecento da gruppi di coloni provenienti dall’Africa settentrionale.
La Giornata Internazionale e’ stata approvata nel 1999 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO e riconosciuta nel 2002 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’UNESCO ha anche reso disponibile online un Atlante delle lingue in pericolo, che riporta informazioni sul grado di rischio di estinzione di circa 2500 lingue nel mondo e sui paesi in cui vengono parlate, includendo anche le coordinate geografiche delle aree di utilizzo delle singole lingue. L’Atlante ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza della necessità di salvaguardare la diversità linguistica offrendo la possibilità agli utenti del portale di inserire nuovi dati, informazioni o commenti. (@OnuItalia)