LESBO, 4 SET – È andata avanti tutto agosto la missione umanitaria della Comunità di Sant’Egidio nell’isola di Lesbo, che ha visto più di 150 volontari al fianco dei rifugiati e richiedenti asilo che stazionano, per mesi, a volte anni, nel campo di Moria. Secondo la descrizione della Comunità la situazione nel campo resta difficile: nella ‘Jungle’, l’area che si stende negli oliveti sulla collina, non ci sono acqua, elettricità, servizi igienici. Solo polvere e fango, vento caldo e pioggia gelata, a seconda della stagione, e rifugi fatti con materiali di scarto: cartoni, bancali, teloni. Frequenti gli incendi, come quello di pochi giorni fa, per cause ancora da accertare, ma forse non accidentali. Le persone passano le giornate senza far niente, nessuna scuola per i bambini (che sono la maggioranza della popolazione del campo), nessuna attività per gli adulti. Il campo è tuttora in lockdown, si può uscire solo per cure mediche, pratiche legali e acquisti inderogabili. All’interno qualcuno ha aperto un negozietto dove si possono acquistare pane, frutta e verdura, ci sono anche il barbiere e il sarto.
Nel corso del mese le attività della Comunità si sono spostate dal frantoio in un luogo più vicino al campo, per permettere a più persone di venire al ristorante della solidarietà, senza dover chiedere alle autorità il permesso di uscire. In questi ultimi dieci giorni è stato un crescendo di numeri, più di 1.000 pasti giornalieri, 150 persone alla scuola di inglese (divise in due classi, principianti e intermedi), in prevalenza donne e ragazzi. E poi la Scuola della Pace, con oltre 300 bambini, un momento di festa, ma anche di studio, sempre nel rispetto delle regole anti-covid.
Domenica 30 agosto è stata celebrata la liturgia, la prima dentro al campo, in un anfiteatro sulla collina, da dove si scorge in lontananza quel mare che separa l’Europa dalla Turchia e che ha inghiottito troppe vite innocenti. Commossa la partecipazioe, insieme ai volontari, dei profughi, molti dei quali provenienti da paesi dell’Africa. Ormai la presenza di Sant’Egidio nel campo di Moria è nota ai rifugiati. Sono “quelli della colomba”, che non è solo un riferimento al logo, ma anche un messaggio di pace e di speranza per donne e uomini segnati dalla sofferenza per il terribile viaggio che hanno dovuto affrontare, fuggendo dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Africa. Sono tanti i motivi per i quali hanno deciso di arrivare in Europa, ma tutti sognano una vita normale: la scuola per i bambini, un lavoro per gli adulti.