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Fame Zero: Onu pessimista, ‘Ancora lontani dall’obiettivo dell’Agenda 2030’

ROMA, 16 LUGLIO – Per la prima volta alcune importanti agenzie dell’Onu, esprimono preoccupazione e dubbi circa la possibilità di raggiungere l’obiettivo Fame Zero entro il 2030 perchè gli affamati sono in aumento e la malnutrizione non accenna a diminuire.
Secondo uno studio annuale delle Nazioni Unite, negli ultimi cinque anni decine di milioni di individui in tutto il mondo sono passati nelle fila dei sottoalimentati cronici e diversi paesi sono alle prese con molteplici forme di malnutrizione.fame zero

Stando all’ultimo rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, quasi 690 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2019, vale a dire 10 milioni in più rispetto al 2018 e poco meno di 60 milioni in più nell’arco di cinque anni. A questi si aggiungono i miliardi di persone che, a causa dell’aumento dei costi e della scarsa disponibilità di mezzi, non hanno accesso a una dieta sana o nutriente. Il più alto numero di affamati si trova in Asia, ma il fenomeno sta dilagando anche in Africa. L’allarme lanciato dal rapporto è che entro la fine del 2020 in tutto il pianeta la pandemia di COVID-19 possa gettare altri 130 milioni di persone e più nella morsa della fame cronica. (Una cifra che è destinata qualche volta a crescere ulteriormente in seguito alle recrudescenze di fame acuta registrate nel contesto della pandemia.)

Lo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo è lo studio più autorevole pubblicato a livello mondiale che verifica i progressi compiuti nella lotta alla fame e alla malnutrizione. Il rapporto è il frutto della collaborazione tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Nella Premessa dello studio, i capi delle cinque agenzie ammoniscono che “[…] a distanza di cinque anni dall’impegno assunto dalla comunità internazionale per porre fine alla fame, all’insicurezza alimentare e a tutte le forme di malnutrizione siamo ancora lontani dal raggiungere questo obiettivo entro il 2030.”

FAO Headquarters foto FAO
foto FAO

In questa edizione del rapporto, gli aggiornamenti di dati critici relativi alla Cina e ad altri paesi densamente popolati hanno comportato una sostanziale revisione al ribasso delle stime del numero complessivo di affamati, fino alla cifra attuale di 690 milioni. Nonostante tali correzioni, tuttavia, la tendenza è rimasta invariata. L‘Asia rimane la regione con il più elevato numero di sottoalimentati (381 milioni). Al secondo posto si trova l’Africa (250 milioni), seguita da America Latina e Caraibi (48 milioni). Se la prevalenza della sottonutrizione a livello mondiale, vale a dire la percentuale complessiva degli affamati, non ha subito grossi cambiamenti, attestandosi all’8,9%, in termini assoluti si registra un costante aumento dal 2014. Ciò significa che negli ultimi cinque anni la fame è cresciuta con il crescere della popolazione globale.

Mentre la lotta alla fame sembra aver raggiunto una fase di stallo, la pandemia di COVID-19 sta intensificando le vulnerabilità e le inadeguatezze dei sistemi alimentari mondiali, intesi come tutte le attività e i processi che influenzano la produzione, la distribuzione e il consumo di generi alimentari. Se, da un lato, è ancora presto per valutare l’impatto reale dei periodi di blocco e di altre misure restrittive, il rapporto stima che nel 2020 almeno altri 83 milioni di persone, se non addirittura 132 milioni, potrebbero soffrire la fame a causa della recessione economica innescata dall’emergenza COVID-19. Questa battuta d’arresto, concludono le agenzie Onu mette ulteriormente a rischio il conseguimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile 2 (Fame zero).

 

OnuItalia
OnuItaliahttps://onuitalia.com
Il giornale Italiano delle Nazioni Unite. Ha due redazioni, una a New York, l’altra a Roma.

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