ROMA, 5 DICEMBRE – Roma capitale del Mediterraneo, tra conflitto in Siria, crisi libica, instabilità del Libano, ruolo della Turchia e caso Regeni, nel primo giorno dei MED Dialogues 2019: il Ministro degli esteri Luigi Di Maio ha avuto oggi bilaterali con i suoi omologhi palestinese, Riyad Malki; egiziano, Sameh Shoukry; libico, Mohammed Taher Siyala; libanese, Gebran Bassil e turco, Mevlüt Çavuşoğlu.
Di Maio, che ha partecipato alla riunione d’area degli Ambasciatori italiani nei Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente (“Tutti i Paesi del mondo sono chiamati a collaborare sulle sfide del Mediterraneo. L’Italia deve rimanere l’interlocutore privilegiato”, ha detto il ministro) e ricevuto le credenziali dell’Ambasciatrice della Lega degli Stati Arabi, Enas Mekkawy, ha avuto anche un incontro con il’Inviato speciale ONU per la Siria, Geir Pedersen.
Il secondo giro di colloqui della Commissione costituzionale ha visto delle “complicazioni”, ma le parti hanno manifestato la volontà di andare avanti. Lo ha detto l’inviato delle Nazioni Unite per la Siria, ha detto Pedersen in una conferenza stampa al termine dell’incontro alla Farnesina, il terzo con il capo della diplomazia italiana, sottolineando la necessità di portare avanti il processo politico e ricordando l’importanza della Commissione costituzionale, i cui lavori sono iniziati lo scorso 30 ottobre. L’inviato dell’Onu ha fatto riferimento al fallimento dell’ultima tornata dei colloqui, alla fine dello scorso novembre, ma si è dimostrato ottimista sulla prosecuzione del processo. “Di per sé – ha spiegato – la Commissione costituzionale non potrà porre fine al conflitto, ma apre la porta all’avvio di un percorso politico”. Non esiste soluzione militare al conflitto, ha concordato l’inviato Onu con Di Maio: “Abbiamo le forze armate di cinque paesi che sono intervenute in Siria. La situazione è pericolosa e proprio per questo vogliamo un processo politico”, ha detto Pedersen. Dall’altro lato, il diplomatico ha ricordato le pressioni esercitate sul governo di Damasco, al quale vengono chieste “più informazioni su sfollati, persone scomparse e sulla situazione umanitaria in generale”.
Partecipano ai MED Dialogues oltre 40 leaders tra Presidenti, Primi Ministri e Ministri e circa 1000 tra imprenditori, accademici, esponenti delle maggiori organizzazioni internazionali nonché studiosi ed esperti provenienti da oltre 50 Paesi. Anche quest’anno le oltre 40 sessioni sono articolate sui 4 pilastri “Shared security”, “Shared prosperity”, “Migration” e “Culture and civil society”.
Con il ministro degli Esteri palestinese, Riyad al-Malki, Di Maio ha ribadito la posizione dell’Italia e dell’Unione europea sull’illegalità degli insediamenti israeliani e il sostegno alla soluzione a due Stati “come unica via per assicurare una pace duratura”. Incontrando il ministro degli Esteri libico Mohammed Siyala Di Maio ha rinnovato “il sostegno dell’Italia al Gna e al processo politico a guida Onu” sottolineando ancora una volta che per il governo italiano “non esiste una soluzione militare alla crisi libica”. Con il collega libanese Gebran Bassil il ministro ha discusso dei recenti tumulti nel Paese sottolineando come “la sua stabilità” sia cruciale per l’intera area e assicurando che “l’Italia mantiene fermo il suo impegno in Libano”.
La giornata si è conclusa con un colloquio con il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu con il quale il titolare della Farnesina ha convenuto sull’importanza di un “dialogo franco e costruttivo tra Roma e Ankara”. Capitolo a parte il caso Regeni. Nel bilaterale con il collega egiziano Sameh Shoukry Di Maio ha chiesto “maggiore cooperazione bilaterale per assicurare alla giustizia i responsabili del barbaro omicidio” del ricercatore. (@OnuItalia)