ROMA, 17 GIUGNO – Un incontro per parlare del passato di colonialismo italiano e del presente della Libia: è l’occasione creata dalla proiezione il 10 luglio a Roma del documentario ‘My home in Libya’ di Martina Melilli. A parlarne, presso la Casa internazionale delle donne la regista, le giornaliste Annalisa Camilli e Francesca Mannocchi e la scrittrice Igiaba Scego.
L’incontro affronterà il passato del colonialismo italiano in Libia, ma sarà anche un’opportunità per parlare del presente della guerra in Libia, delle migliaia di persone in fuga da conflitti, dittature e carestie, che sono detenute nei campi di concentramento nel paese africano o che da lì s’imbarcano per tentare di raggiungere le nostre coste, e infine delle politiche dei ‘porti chiusi’ messe in atto dal governo italiano.
Prodotto dalla casa torinese Stefilm insieme a ZDF-Arte, in collaborazione con Rai Cinema e con il sostegno di MIBACT e Piemonte Doc Film Fund, ‘My Home in Libya’ indaga sulla memoria e sui luoghi un tempo appartenuti ai nonni della regista, vissuti a Tripoli quando il paese era una colonia italiana, fino al 1969, anno in cui furono costretti a lasciare la città in seguito al colpo di stato di Gheddafi. Con l’aiuto di Mahmoud, giovane libico contattato attraverso la rete, Martina riceve le immagini della città così come è oggi e riesce, in qualche modo, a riportare i nonni nella terra che tanto amarono: i nomi delle strade sono cambiati, molti quartieri non esistono più, le milizie armate si dividono la città e spadroneggiano. A poco a poco il rapporto tra Martina e Mahmoud cresce via internet, in un fitto scambio di messaggi e immagini, superando le barriere fisiche e culturali che li tengono separati e contribuendo a far nascere una profonda amicizia. Da una parte una giovane che fa del territorio europeo la sua casa, dall’altra un giovane libico che non vede nessun futuro se non immaginandosi fuori dalla Libia.
”Io credo nel valore delle storie di singoli che riescono a raccontare un vissuto comune a molti – spiega Melilli – e nella coralità di un racconto per raccoglierne punti di vista e sfaccettature diversi. La storia di mio nonno Antonio è condivisa da tutti quegli italiani che hanno vissuto l’esperienza dell’espatrio forzato dalla Libia”.
La storia di Mahmoud è quella di una generazione giovane che si trova a crescere e a formarsi in un paese senza una precisa identità, diviso da violenze e interessi, e che pure deve trovare in quel caos la strada per il suo futuro. Quello che li accomuna è la città di Tripoli, vissuta dal primo nel passato e dal secondo nel suo presente, considerata da entrambi come casa propria.
Opera prima, il film è stato presentato in anteprima al Locarno Film Festival e ha vinto il Premio Corso Salani al 30° Trieste Film Festival e il premio al Miglior Documentario al 18°gLocal Film Festival.
L’incontro sulla Libia fa parte della rassegna ‘AFROINTERSEZIONI’ organizzata nel giardino della Casa internazionale delle donne di Roma dall’associazione Lesconfinate. Le ‘Afrointersezioni’ sono connessioni interculturali già esistenti o possibili per promuovere una società transnazionale e decolonizzata, con uno sguardo femminista e antirazzista sul mondo che costruisca una nuova immagine dell’Africa e degli altri continenti.
(@novellatop, 17 giugno 2019)