TRIPOLI, 12 APRILE – Civili costretti a fuggire e migranti intrappolati nei famigerati centri di detenzione in Libia dove i combattimenti tra le fazioni di Al Serraj e Haftar non accennano a diminuire. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) in un “aggiornamento flash” sulla situazione nei dintorni della capitale Tripoli afferma che almeno 9.500 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case dall’inizio del conflitto armato nella capitale e dintorni. Solo nelle ultime 24 ore si contano 3.500 persone sfollate.
“La comunità umanitaria rimane gravemente preoccupata per la sicurezza dei civili bloccati nelle aree colpite dal conflitto alla periferia di Tripoli”, si legge nella nota, nella quale si segnala che “le richiesta di evacuazione in zone più sicure a Tripoli di almeno 3.250 persone non hanno potuto ricevere risposta. Ciò significa che 9 famiglie su 10 che hanno chiesto di essere evacuate non possono essere raggiunte”.
La comunità internazionale continua a chiedere una tregua umanitaria temporanea per consentire la fornitura di servizi di emergenza e il passaggio volontario di civili, compresi quelli feriti, da aree di conflitto.
Medici senza Frontiere dal canto suo mette l’accento anche sui rifugiati bloccati a Tripoli. ”Migliaia di persone che abitano nelle aree del conflitto sono fuggite in altre aree della città. Ma i migranti bloccati nei centri non hanno alcuna possibilità di fuga….Siamo molto preoccupati per tutti i civili intrappolati nei combattimenti in corso a Tripoli, compresi i migranti e i rifugiati bloccati nei centri di detenzione nelle aree colpite o nelle immediate vicinanze” ha detto in un tweet Craig Kenzie Capo progetto delle operazioni MSF a Tripoli.
Anche in periodi di relativa calma, migranti e rifugiati trattenuti nei centri di detenzione sono costretti a condizioni pericolose e degradanti che hanno impatti negativi sulla loro salute fisica e mentale. Il conflitto ha reso queste persone ancora più vulnerabili e ha drasticamente ridotto la capacità della comunità umanitaria di fornire una risposta salvavita tempestiva e garantire evacuazioni urgentemente necessarie.
Il centro di detenzione di Ain Zara, dove pochi giorni fa il segretario generale delle Nazioni Unite ha constatato ”la sofferenza e la disperazione” di rifugiati e migranti, si trova ora nel pieno degli scontri, con quasi 600 persone vulnerabili, compresi donne e bambini, intrappolate al suo interno. Testimonianze arrivate da un altro centro suggeriscono che alcune persone vengano costrette a lavorare per i gruppi armati.
”Chiediamo – dice MSF – che tutti i rifugiati e migranti detenuti in Libia siano evacuati dalle zone a rischio appena possibile e, in attesa del loro rilascio, che vengano garantiti la loro sicurezza e i loro bisogni essenziali”.
”È la terza volta negli ultimi sette mesi che a Tripoli scoppiano combattimenti – afferma ancora l’organizzazione umanitaria – eppure molte delle persone trattenute nei centri sono lì a causa delle politiche degli stati membri europei, che permettono alla guardia costiera libica di intercettare migranti e rifugiati in mare e riportarli forzatamente in Libia, in violazione del diritto internazionale. Il conflitto attuale non fa che evidenziare ancora una volta che la Libia non è un porto sicuro dove la protezione di migranti e rifugiati possa essere garantita”.
(@novellatop, 12 aprile 2019)