ROMA, 8 APRILE – Il rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte per il 2024 afferma che il numero di esecuzioni è al suo livello più alto da quasi un decennio, con un aumento in particolare in Iran, Iraq e Arabia Saudita.
L’organizzazione per i diritti umani con sede a Londra ha contato 1.518 esecuzioni nel 2024, per il 40% comminate non per omicidio ma per reati legati alla droga. Questa cifra non include “le migliaia di persone che molto probabilmente sono state giustiziate in Cina, che rimane il paese che ha effettuato il maggior numero di esecuzioni al mondo”, precisa.
Quanto ai tre stati mediorientali, nel loro insieme hanno registrato 1.380 esecuzioni. Baghdad ne ha quasi quadruplicato il numero da 16 a 63, Riad ha raddoppiato il suo totale annuo da172 a 345, mentre Teheran ha messo a morte 119 persone in più rispetto al 2023, da 853 a 972, totalizzando il 64% di tutte le esecuzioni note.
Quanto agli Stati Uniti dove le esecuzioni sono in costante aumento dalla fine della pandemia da Covid-19, sono state messe a morte 25 persone contro le 24 del 2023 e il presidente Donald Trump, ricorda Amnesty, invoca la pena di morte nei confronti di “stupratori violenti, assassini e mostri”.
Il rapporto include un capitolo sulla pena di morte come strumento di repressione, dove si osserva che “diversi leader politici hanno strumentalizzato la pena di morte con il falso pretesto di migliorare la sicurezza pubblica o per seminare paura tra la popolazione”
Secondo il rapporto sulla pena di morte dell’ong, il numero di persone giustiziate nel 2024 è aumentato del 32% rispetto al 2023 e ha raggiunto un record dal 2015, anno in cui sono state registrate 1.634 esecuzioni.
Invece, per il secondo anno consecutivo, il numero di paesi che hanno eseguito esecuzioni è stato di 15, il più basso mai registrato.
Come per la Cina, le cifre relative alla Corea del Nord e al Vietnam non sono incluse nella relazione per mancanza di informazioni sufficienti. “Anche se la segretezza che circonda la pena di morte continua a impedire il censimento in alcuni paesi che riteniamo responsabili di migliaia di esecuzioni, è evidente che gli Stati che mantengono la pena capitale sono una minoranza isolata”, ha detto il Segretario generale di Amnesty International, Agnès Callamard.