ROMA, 23 OTTOBRE – Un rapporto confidenziale preparato da uno dei paesi che contribuisce alle forze di pace delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL) e visionato dal Financial Times, rivela che soldati armati di Israele sono entrati con la forza in una base dell’Onu chiaramente segnalata, danneggiando strutture e ferendo il personale di pace dispiegato lungo il confine tra Israele e Libano.
Il documento, che include fotografie e dettagliati resoconti degli incidenti, evidenzia come le Forze di difesa israeliane (Idf) avrebbero colpito in più occasioni le postazioni dell’Unifil, la forza di interposizione delle Nazioni unite presente nell’area dal 1978. Tra le accuse più gravi, l’uso di munizioni al fosforo bianco che avrebbero ferito 15 peacekeepers.
Il fosforo bianco è una sostanza che si incendia spontaneamente a contatto con l’ossigeno, producendo un fumo denso e causando ustioni gravissime se entra in contatto con la pelle.
L’organizzazione Human Rights Watch aveva precedentemente documentato l’utilizzo del fosforo bianco da parte israeliana in Libano durante tutto il 2023. L’organizzazione ha verificato video ripresi sia al confine libanese che su Gaza che mostrano “scoppi multipli di fosforo bianco sparato dall’artiglieria” sopra il porto di Gaza City e due località rurali lungo il confine israelo-libanese. Nel 2013 l’esercito israeliano aveva annunciato di voler eliminare gradualmente le munizioni fumogene al fosforo bianco, utilizzate durante l’offensiva su Gaza del 2008-09, che aveva portato ad accuse di crimini di guerra da parte di vari gruppi per i diritti umani.
Tra gli episodi più gravi segnalati nel rapporto, il 10 ottobre un carro armato Merkava avrebbe aperto il fuoco contro una torre di osservazione nel quartier generale Unifil di Naqoura, ferendo due peacekeepers. Richard Weir, ricercatore senior per i conflitti e le armi di Human Rights Watch, ha confermato che il grande foro circolare documentato nelle fotografie “è coerente con il fuoco diretto”. Lo stesso giorno, le forze israeliane hanno attaccato un bunker dove si erano rifugiati alcuni caschi blu italiani a Labbouneh, dopo aver condotto operazioni di sorveglianza con droni e aver distrutto le telecamere della postazione. Le immagini mostrano “un grande cumulo di detriti che rotola sotto un buco nell’angolo dell’edificio”.
L’incidente più preoccupante è avvenuto però il 13 ottobre, quando “due carri armati Merkava hanno sfondato il cancello principale di una base“. Dopo 45 minuti di proteste da parte dell’Unifil, i mezzi si sono ritirati, ma poco dopo sono stati sparati colpi a circa cento metri dalla base, rilasciando quello che viene descritto come “fumo di sospetto fosforo bianco” che ha ferito 15 peacekeepers. L’Idf ha ammesso che un carro armato è entrato “per alcuni metri” nella base mentre cercava di evacuare soldati feriti sotto il fuoco nemico. Una fonte Unifil ha commentato: “Quei carri armati possono resistere al fuoco meglio delle nostre postazioni. Quindi se cercavano riparo, non era certo per proteggersi fisicamente”.
Come riporta Reuters, il portavoce dell’Unifil Andrea Tenenti ha denunciato “almeno cinque attacchi deliberati” contro le forze di pace. Le forze Onu hanno anche riferito che un drone abbattuto vicino a una nave Unifil proveniva da sud.
Le autorità israeliane sostengono che l’Unifil stia fungendo da scudo umano per i combattenti di Hezbollah e hanno chiesto l’evacuazione dei peacekeepers dal Libano meridionale, richiesta respinta all’unanimità dai 50 paesi che contribuiscono alla missione con circa 10.000 militari. La situazione si è ulteriormente aggravata domenica scorsa quando, come riporta il Financial Times, “un bulldozer dell’Idf ha deliberatamente demolito una torre di osservazione e la recinzione perimetrale di una posizione Onu a Marwahin”.