ROMA, 24 GENNAIO – E’ stato inaugurato su Oltremare, il mensile web dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, un nuovo spazio dedicato all’approccio informativo riservato al Sud del mondo da parte dei media italiani.
Protagonisti i direttori delle testate nazionali, che condivideranno con i lettori opinioni, suggerimenti e buone pratiche sperimentate durante la loro esperienza giornalistica. Apre la nuova rassegna, curata da Ivana Tamai, il direttore del quotidiano la Repubblica, Maurizio Molinari. Ecco alcuni stralci della sua intervista.Per meglio comprendere il complesso panorama geopolitico che stiamo vivendo è importante poter contare su un’informazione chiara e puntuale. Chi fa cooperazione poi dovrebbe saper raccontare particolari aree geografiche, come Africa e Medio oriente, per spiegare i contesti di crisi dove si realizzano gli interventi di cooperazione allo sviluppo o di emergenza umanitaria. Qual è la sua opinione?
I giornali che ho guidato, prima La Stampa e poi la Repubblica, danno un’ampia copertura di questi Paesi con inviati sul territorio e la pubblicazione di approfondimenti, analisi e descrizione del traffico di esseri umani e dei gruppi terroristici (soprattutto jihadisti) che sfruttano questi drammi umani per rafforzarsi sul territorio. Io stesso ho dedicato almeno due libri ma non c’è nessun dubbio che la descrizione di quanto sta avvenendo in Africa negli ultimi anni si è arricchito da parte dei giornali italiani di tutta una serie di informazioni molto dettagliate, che in precedenza non c’erano. Io credo che oggi il pubblico italiano ha la possibilità di informarsi in maniera professionale di quanto avviene in Nord Africa e nell’ Africa Subsahariana, soprattutto per l’interesse nazionale che noi abbiamo di analizzare e comprendere meglio la sovrapposizione fra traffico di esseri umani e commerci illegali come ad esempio le sigarette e crescita e insediamento di gruppi jihadisti.
Da anni la sezione Mondo solidale di Repubblica.it è un punto di riferimento per gli addetti ai lavori della cooperazione internazionale e del Terzo settore ma, più in generale, quali strategie suggerirebbe per aumentare la comprensione di quei mondi che sembravano lontani, ma che la cronaca degli ultimi anni ha dimostrato essere molto vicini alle nostre società?
Prima di tutto non bisogna considerarli lontani perché non lo sono più. In secondo luogo serve naturalmente un impegno di risorse ed è chiaro che questo lo possono fare solamente i mezzi di comunicazione che ne dispongono. Credo che oggi queste risorse abbiano fondamentalmente tre componenti: la necessità di inviare o di avere propri giornalisti direttamente in loco, disporre di stringer locali di qualità e sviluppare con grande determinazione le nuove tecnologie che consentono di migliorare la copertura del territorio.
Non c’è nessun dubbio che le nuove tecnologie, soprattutto con l’accesso alle foto satellitari, offrono delle potenzialità importanti, ma queste devono essere sempre accompagnate dall’esperienza del giornalismo più tradizionale. Questa è la combinazione più efficace: quella di un giornalista che va sul campo, vede con i propri occhi, racconta e poi però per pubblicare la propria esperienza fa ricorso anche alle tecnologie più innovative. Credo che questa oggi sia la più formula più vincente e anche più avvincente per i lettori.
Per esempio noi stiamo sviluppando sul sito internet di Repubblica un format giornalistico multimediale che si chiama Zoom dove si può incrociare la testimonianza dell’inviato sul luogo con la raccolta di foto e informazioni satellitari che consentono di geolocalizzare il racconto. È veramente un’esperienza appassionante, ma richiede l’impegno di risorse importanti.
Cosa dovrebbero fare gli ‘attori’ di cooperazione, da quella governativa alle organizzazioni della società civile, per rapportarsi con il mondo dell’informazione in maniera più proattiva?
Più notizie, più informazioni, più copertura di storie del territorio. In generale ho avuto la possibilità di incontrare diversi responsabili della cooperazione in più località del mondo: sono sempre persone con una grande dedizione personale e con notevole di capacità di muoversi sul territorio e di sapere cosa sta avvenendo. Possono essere gli occhi e le orecchie del sistema dell’informazione se riescono a condividere con i giornalisti le loro esperienze. Questo è sicuramente un bagaglio di conoscenza che può essere decisivo per migliorare la qualità dell’informazione.
Spesso abbiamo fatto dei reportage importanti, penso al Congo, alla Repubblica centrafricana, al Ciad, al Niger, potendo contare sulla presenza sul terreno di organizzazioni della cooperazione, di ong o di organizzazioni religiose che nei posti più sperduti dell’Africa sono stati in grado di darci accesso a luoghi e persone che per noi altrimenti sarebbe stato molto difficile raggiungere.