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sabato, Maggio 18, 2024

Beatrice Tesconi (JPO presso CTED), contrasto al terrorismo passa anche per l’inclusivita’ diritti umani

NEW YORK, 9 GENNAIO – Beatrice Tesconi è Junior Programme Officer presso CTED (Counter-Terrorism Committee Executive Directorate), la missione speciale del Consiglio di Sicurezza ONU incaricata del contrasto al terrorismo, incluso in tutte le sue molteplici sfaccettature. L’obiettivo è far coesistere la tutela della sicurezza internazionale con quella dei diritti degli individui coinvolti nel fenomeno del terrorismo. Una solida esperienza internazionale e sul campo, essenziale per una carriera all’interno delle Nazioni Unite, Beatrice racconta a OnuItalia la sua esperienza nel quartier generale di New York e le problematiche relative al mandato della sua missione.

N.B. Le opinioni espresse nell’articolo sono personali e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale delle Nazioni Unite

Che esperienze accademiche e professionali ti hanno portato a lavorare per le Nazioni Unite a New York?

Dopo la triennale in Inghilterra, ho conseguito un Master in diritto internazionale e sicurezza internazionale presso il King’s College di Londra. Ho poi intrapreso uno stage presso la Corte Penale Internazionale, dove mi sono occupata di analisi delle prove per le investigazioni della Corte, e, successivamente, la Bluebook Traineeship presso il Servizio di Azione Esterna dell’Unione Europea (European External Action Service) nel settore del contrasto al terrorismo. Dopo queste prime esperienze, ho deciso di andare sul campo per comprendere meglio le dinamiche di cui mi occupavo, e per perfezionare la mia conoscenza della lingua araba. Ho lavorato quindi in Giordania per quasi due anni come Project coordinator e Project manager per conto di una ONG italiana. Seguivo principalmente progetti relativi alla protezione legale e la formazione professionale di donne siriane rifugiate, e di accesso all’educazione per i bambini rifugiati siriani.

Ho poi lavorato per per l’agenzia tedesca di cooperazione allo sviluppo, la Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ), dove ho ricoperto la posizione di Advisor all’interno di una Commissione di inchiesta curda (Commission for Investigation and Gathering Evidence) creata dal governo curdo per investigare i crimini dell’ISIS. Mi occupavo di assistere il giudice investigativo ed i colleghi in Commissione nella raccolta delle prove, e nel promuovere i diritti delle vittime, incluso a livello legislativo. Dopo quasi due anni, ho poi assunto il ruolo di Restorative Justice and Violence Prevention Advisor nell’ambito di un progetto di stabilizzazione di GIZ, sempre in Iraq, fino a quando sono stata selezionata per il programma JPO.

Per quale agenzia lavori e quali sono le priorità della stessa?

Lavoro per la Direzione Esecutiva del Comitato Esecutivo del Comitato Anti-Terrorismo del Consiglio di Sicurezza (Counter-Terrorism Committee Executive Directorate – CTED), una Special Political Mission dell’ONU creata tramite risoluzione 1535 (2004) del Consiglio di Sicurezza (CdS). Dopo gli attentati dell’11 settembre, il CdS ha adottato la risoluzione 1373 (2001), che impone disposizioni specifiche per gli Stati membri per rafforzare i propri sistemi giudiziari e le proprie istituzioni nel fronteggiare il terrorismo. La risoluzione ha inoltre istituito il Comitato Anti-Terrorismo (Couter-Terrorism Committeee o CTC),  composto da i quindici Stati del CdS, e con presidenza a rotazione, con il compito di attuare la risoluzione 1373. Il CTED fu creato nel 2005 al fine di rendere effettiva l’azione del Comitato nel monitorare e promuovere l’attuazione della risoluzione 1373 e le successive risoluzioni del CdS relative all’anti-terrorismo. Questo viene fatto da CTED principalmente attraverso visite di valutazione, o assessment visits, a nome del CTC presso gli Stati membri, al fine di verificare il livello di attuazione delle risoluzioni, e individuare eventuali criticita’ sulle quali vengono elaborate specifiche raccomandazioni per assistenza tecnica. CTED si occupa anche di identificare tendenze, questioni emergenti e sviluppi relativi alla minaccia rappresentata dal terrorismo. Il mandato di CTED, rinnovato a dicembre 2021tramite risoluzione 2617, copre dunque vaste tematiche, dal contrasto al finanziamento del terrorismo al contrasto dell’uso di nuove tecnologie per fini terroristici.

C’è un aspetto tematico particolare del quale ti occupi?

Facedo parte del Legal and Criminal Justice Cluster, supporto i miei colleghi su diversi aspetti relativi all’approccio giuridico degli Stati all’anti-terrorismo. Questo include anche l’analisi delle risposte degli Stati sul ritorno o rimpatrio dei combattenti terroristi stranieri (o foreign terrorist fighters) e dei familiari che li accompagnano. Tramite le risoluzioni 2178 (2014) e 2396 (2017), il CdS chiede agli Stati di adottare strategie e misure che consentano il procedimento penale, quando applicabile, e la riabilitazione e la reintegrazione dei combattenti terroristi stranieri e familiari che li accompagnano,  che ritornano nel loro paese di origine o nel paese di cui hanno la nazionalità, o si reinsediano in paesi terzi. Tali strategie e misure devono essere conformi al diritto internazionale, e tenere conto delle specificità ed esigenze di ciascun individuo, inclusi gli interessi dei bambini e le specificità di genere. Mi occupo anche di aspetti relativi al diritto umanitario internazionale nell’ambito dell’anti-terrorismo, e del contrasto al traffico illecito del patrimonio culturale per fini terroristici, un tema che sta a cuore all’Italia.

Quali pensi che siano le sfide principali che devono affrontare gli Stati nell’ambito dell’anti-terrorismo?

Il terrorismo è un fenomeno vasto e complesso sia dal punto di vista geografico che tematico, che richiede un approccio che va oltre la risposta militare, affrontandone le cause mentre vengono protetti i diritti fondamentali. Èun fenomeno in costante espansione, soprattutto nel continente africano negli ultimi anni. È inoltre in crescita il numero di attacchi terroristici connotati da xenofobia, razzismo e altre forme di intolleranza, una tematica non ancora abbastanza affrontata da molti Stati.

Un’ulteriore importante sfida è quella derivante della situazione umanitaria e di sicurezza dei campi profughi e centri di detenzione nel nord-est della Siria. Campi come Al-Hol e Al-Roj ospitano circa 60.000 persone, la maggior parte donne e bambini con presunti legami con combattenti dello Stato Islamico, in condizioni disumane e senza possibilità di ricorso legale. Circa 10.000 sono cittadini stranieri di 57 Paesi, inclusi Paesi dell’Unione Europea. Uomini e ragazzi adolescenti vengono tenuti in centri di detenzioni che sono stati obiettividi attacchi dell’ISIS nell’ultimo anno. Anche se i rimpatri sono aumentati nel 2022, diversi Paesi si dimostrano ancora riluttanti nel rimpatriare i loro cittadini, rimandando la questione ad un futuro sempre più incerto.

Il terrorismo è una sfida globale ed una priorità per la maggior parte dei Paesi, ma quali sono i contro-limiti delle politiche di contrasto al fenomeno, specialmente in materia di diritti umani?

Ci sono piu di 20 risoluzioni del CdS e 19 strumenti internazionali (precedenti anche al 2001) relativi all’anti-terrorismo, che impongono agli Stati di, inter alia, criminalizzare determinati atti terroristici . Allo stesso tempo, il CdS richiede che le misure e strategie anti-terrorismo siano applicate in conformità con il diritto internazionale, in particolare il diritto internazionale dei diritti umani, il diritto internazionale dei rifugiati e il diritto umanitario internazionale.

Definizioni vaghe di terrorismo e/o atti di terrorismo nelle legislazioni degli Stati, rischiano un’applicazione anche in altri ambiti più ampi rispetto alla sola prevenzione o contrasto del terrorismo, e possono portare alla violazione di diritti umani e libertà fondamentali. Questo è un altro aspetto importante su cui lavoriamo a CTED, raccomandando agli Stati diallineare le loro legislazioni alle norme e prassi internazionali, in conformita’ con il diritto internazionale.

Che consigli daresti ad un giovane interessato ad una carriera internazionale all’interno delle Nazioni Unite?

Ritengo che l’esperienza sul campo sia la cosa che più mi ha aiutata a crescere, sia da un punto di vista personale che professionale. È un valore aggiunto che ti aiuta ad allargare gli orizzonti e ti permette di capire come il lavoro e i principi delle Nazione Unite vengono attuati e recepiti a livello pratico. L’esperienza acquisita sul campo in diversi paesi del Medio Oriente mi ha anche reso piu consapevole di molte tematiche che affronto quotidianamente nel mio ruolo attuale. È decisamente il passaggio che consiglierei a chiunque sia interessato ad una carriera ONU. (@GiorgiodelGallo)

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