BENGASI, 31 MARZO – L’Italia intende partecipare alla ricostruzione della città vecchia di Bengasi, la seconda città della Libia gravemente danneggiata durante la guerra: “Si tratta di circa 170 edifici, una parte dei quali distrutti ed altri severamente danneggiati dalle vicende belliche….tra di essi vi è anche lo storico Palazzo di Al Manar, da cui fu proclamata l’indipendenza della Libia nel 1951, oltreché la sede Consolato Generale d’Italia, proprietà italiana, il cui grande edificio ha subito danni ingenti ed è al momento inagibile”. Se ne è discusso in un convegno di studi organizzato dal Municipio di Bengasi in collaborazione con il Consolato Generale d’Italia.
L’evento ha ospitato presentazioni da parte di accademici ed architetti italiani esperti di restauro, urbanistica, storia dell’architettura, appartenenti alle università di Brescia, Roma La Sapienza e Venezia, nonché all’associazione di amicizia e cooperazione Italia Libia e alla Regione Emilia Romagna. Al convegno c’è stata anche una presentazione sulla filiera del restauro Made in Italy, dalla tradizione all’innovazione a cura di AssoRestauro, ANCE, CNA, OICE.
Il console italiano a Bengasi, Carlo Batori, ha affermato che molti degli edifici sono un esempio unico di architettura ottomana e italiana nel Mediterraneo, e si è detto fiducioso che le autorità libiche proporranno un approccio alla ricostruzione della città vecchia che tenga conto del suo carattere originario e che funzioni come spina dorsale sociale ed economica di Bengasi.
Quanto alla situazione politica intera che vede la presenza di due governi nel paese, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Rosemary DiCarlo, in occasione della sessione sulla situazione in Libia di due settimane fa, aveva messo in guardia il Consiglio di Sicurezza dell’Onu in merito alla permanenza di due governi paralleli, nel caso in cui non si terranno le elezioni. DiCarlo aveva altresì esortato a completare il ritiro dei mercenari e delle forze straniere dal Paese nordafricano, aggiungendo che se i conflitti per la leadership continuassero nel Paese, la possibilità di tenere elezioni eque e pacifiche diminuirebbe, facendo emergere nuove divisioni.
Per DiCarlo il Consiglio di Sicurezza potrebbe imporre sanzioni contro coloro che ostacolano il processo politico di transizione, rinnovando il rifiuto all’escalation militare e dell’intervento straniero in Libia, poiché minaccerebbe la sicurezza e la stabilità del Paese.