ROMA, 9 GIUGNO – Riscaldamento globale, plastica, sovrasfruttamento: sono i pericoli più seri per il benessere degli Oceani la cui Giornata Mondiale è stata celebrata ieri. L’evento è organizzato dal 1992 da The Ocean Project e dal World Ocean Network, ed è riconosciuto dall’Onu dal 2008. Quest’anno il tema è stato “Oceano: vita e sostentamento”, per sottolineare il ruolo dei mari nella produzione di ossigeno e cibo e per l’assorbimento della CO2. La Giornata del 2021 vuole anche sostenere il movimento globale “30×30”, sostenuto da scienziati e ambientalisti di tutto il mondo, che vuole arrivare a far dichiarare area protetta nel 2030 almeno il 30% della superficie terrestre (terre e acque).
LA PLASTICA
Si calcola che in media ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano in mare, e che al momento ce ne siano oltre 150 milioni di tonnellate. Arrivano soprattutto dai grandi fiumi di Asia sudorientale, Africa e America Latina, dove i paesi hanno sistemi di smaltimento dei rifiuti insufficienti. Secondo una ricerca del World Economic Forum, di questo passo nel 2050 negli oceani il peso complessivo della plastica supererà quello degli animali marini.
IL RISCALDAMENTO GLOBALE
Un’altra grande minaccia per i mari è il riscaldamento globale, che provoca il fenomeno della “acidificazione”. L’aumento della CO2 in atmosfera fa aumentare questa anche nelle acque: 1/4 dell’anidride carbonica atmosferica finisce disciolta nelle acque. La CO2 in acqua si trasforma in acido carbonico, aumentando l’acidità. Questo impedisce ai gusci e alle conchiglie di formarsi, mettendo a rischio plancton, molluschi bivalvi, coralli, e tutta la catena alimentare che parte da loro, compresi pesci e crostacei mangiati dall’uomo.
Il riscaldamento delle acque poi fa morire i coralli (il fenomeno dello sbiancamento), modifica gli habitat degli animali marini, mettendo alcune specie a rischio, e fa sciogliere i ghiacci dei territori polari, facendo aumentare il livello degli oceani e minacciando le zone costiere abitate dall’uomo.
IL MEDITERRANEO
Specie aliene di nuova introduzione, stock ittici sovra sfruttati, rifiuti in grande quantità: è un Mar Mediterraneo in sofferenza quello raccontato dall’ISPRA, l’istituto di ricerca del Ministero della Transizione ecologica, in occasione della Giornata mondiale degli oceani. Sono 243 le specie aliene identificate nei mari italiani, di cui il 68 % è ormai stabile lungo le coste ITALIANE. Le aree a maggior rischio di introduzione sono i porti e gli impianti di acquacultura: in queste zone sono 47 le specie aliene rilevate negli ultimi anni, delle quali 24 di recente introduzione. II 75 % degli stock ittici nel Mediterraneo sono sovra sfruttati, ma 6 anni fa il dato era all’88%: le azioni di sostenibilità stanno dando i loro frutti.
Con una media di 400 rifiuti ogni 100 metri, le spiagge sono diventate delle piccole discariche. I rifiuti più abbondanti (60%) sono borse per la spesa, cotton fioc, posate usa e getta, cannucce, bottiglie. In alcune aree, specie nell’Adriatico, sono molto abbondanti le reti per la pesca e l’acquacoltura. Sui fondali italiani si deposita più del 70% dei rifiuti marini, dei quali il 77% è plastica. In alcune aree dell’Adriatico si trovano più di 300 oggetti per chilometro quadrato, e la plastica rappresenta più del 80%. È stato stimato che un pescatore di Chioggia può arrivare a pescare fino a 8 tonnellate di rifiuti in un anno, ovvero 9 kg di rifiuti ogni 100 kg di pesce.
Nel Mediterraneo più del 63% di tartarughe marine ha ingerito plastica. Nel Mar Tirreno più del 50% di alcuni pesci analizzati e il 70% di alcuni squali che vivono in profondità avevano plastiche nello stomaco. Le reti da pesca abbandonate intrappolano, danneggiano e sradicano gli organismi che vivono sui fondali profondi, come spugne, gorgonie, coralli neri.
LA TROPICALIZZAZIONE
Con l’aumento delle temperature del 20% più veloce della media globale e l’innalzamento del livello del mare che dovrebbe superare il metro entro il 2100, il Mediterraneo si sta tropicalizzando, diventando il mare con il riscaldamento più rapido e il più salato del nostro pianeta. Lo sostiene il nuovo rapporto del WWF “L’effetto del cambiamento climatico nel Mar Mediterraneo”, diffuso in occasione della Giornata. Le temperature più calde e le tempeste stanno trasformando anche i fondali delle acque profonde. Praterie endemiche di Posidonia, gorgonie e Pinna nobilis sono diminuite in tutta la regione, fino ad estinguersi completamente in alcune aree. La perdita di queste specie avrebbe un impatto drammatico sull’intero ecosistema marino, poiché forniscono habitat vitali per molte specie e producono benefici nella lotta al cambiamento climatico come serbatoi naturali di carbonio. Per Giulia Prato, responsabile Mare del WWF Italia, ”la tropicalizzazione del Mediterraneo è già avanzata. Il cambiamento climatico non è un tema del futuro, è una realtà che oggi scienziati, pescatori, subacquei, comunità costiere e turisti stanno già vivendo. Se vogliamo invertire questa tendenza, dobbiamo ridurre la pressione umana e costruire la resilienza”.