ROMA, 9 APRILE – Per il decimo mese consecutivo lo scorso marzo i prezzi dei generi alimentari sono aumentati in tutto il mondo, con gli oli vegetali e i prodotti lattiero-caseari a fare da traino al rincaro. Ne dà notizia la FAO.
L’Indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari, che rileva le variazioni mensili dei prezzi internazionali dei generi alimentari comunemente oggetto di scambi commerciali, ha raggiunto un valore medio di 118,5 punti in marzo, che costituisce un incremento del 2,1 percento rispetto al mese precedente nonché il dato più alto registrato da giugno 2014. L’andamento è stato diverso a seconda dei tipi di prodotti alimentari. A tirare la volata dell’aumento di marzo è stato l’Indice FAO dei prezzi degli oli vegetali, che è salito dell’8,0 percento rispetto al mese precedente, raggiungendo il valore più alto in quasi 10 anni, con i prezzi dell’olio di soia che hanno mostrato un’impennata, in parte dovuta alle previsioni di una domanda stabile da parte del settore del biodiesel.
In crescita anche l’Indice FAO dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari, che da febbraio ha subito un incremento del 3,9 percento, con i prezzi del burro sospinti verso l’alto dalla stretta sui rifornimenti in Europa associata all’aumento della domanda in previsione di una ripresa del settore gastronomico. Registrano un segno più anche i prezzi del latte in polvere, incalzati da un forte balzo in avanti delle importazioni in Asia, soprattutto in Cina, conseguenti a un calo della produzione in Oceania e alla scarsa disponibilità di container di trasporto in Europa e nell’America settentrionale.
Un’analoga fase rialzista è stata osservata per l’Indice FAO dei prezzi della carne, che da febbraio è salito del 2,3 percento. A gettare le basi per l’aumento dei prezzi della carne suina e di pollame sono state le importazioni dalla Cina nonché un picco delle vendite interne in Europa prima delle festività pasquali. I prezzi della carne bovina, al contrario, sono rimasti stabili, mentre le quotazioni della carne ovina sono scese dopo che la siccità in Nuova Zelanda ha indotto gli allevatori a macellare i capi di bestiame.
È apparso invece in controtendenza l’Indice FAO dei prezzi dei cereali, che sono risultati in flessione dell’1,8 percento, pur rimanendo più alti del 26,5 percento rispetto a marzo 2020. Il calo più netto si è registrato per i prezzi all’esportazione del grano, all’origine del quale vi sono un’offerta generalmente buona e prospettive di produzione favorevoli per i raccolti del 2021. Anche i prezzi di mais e riso hanno mantenuto una curva discendente, al contrario dei prezzi del sorgo, su cui è scattato l’aumento.
Infine nel corso del mese l’Indice FAO dei prezzi dello zucchero è precipitato del 4,0 percento alla luce delle previsioni di considerevoli esportazioni dall’India, ma è pur sempre rimasto per più del 30 percento al di sopra del livello registrato l’anno scorso.