ROMA, 8 DICEMBRE – Un webinar, organizzato dalla Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio ha affrontato il tema ”La nuova geografia dei discorsi d’odio online. Come la pandemia da Covid-19 ha modificato diffusione e virulenza dell’hate speech”. L’evento, presieduto dal coordinatore della Rete, Federico Faloppa, di cui fa parte anche Lunaria, aveva per obiettivo la presentazione della ”Quinta mappa dell’intolleranza” realizzata da VOX – Osservatorio Italiano sui Diritti. Sono ormai 5 anni che il team dell’organizzazione, in collaborazione con 4 istituti universitari (Università Statale di Milano, Università di Bari Aldo Moro, Sapienza – Università di Roma e IT’STIME dell’Università Cattolica di Milano), realizza una mappatura accurata dei cosiddetti fenomeni d’odio online.
L’analisi condotta ha coperto un periodo di 7 mesi, da marzo a settembre 2020, con ben 1.304.537 tweet estratti e analizzati grazie ad un software progettato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari. Sono state individuate 76 parole sensibili, sulla base della rilevazione precedente, e attraverso degli algoritmi specifici è stato poi possibile comprendere di volta in volta la semantica del testo e individuare così i contenuti richiesti. Anche quest’anno la piattaforma di Twitter come Social Media di analisi è stata scelta per possibilità che offre il social in questione di geolocalizzare i messaggi online.
Le categorie più colpite dai messaggi ostili sono sempre le stesse: le donne, i migranti, i musulmani, gli ebrei, gli omosessuali e i disabili. Sulla totalità dei twitt analizzati, sono stati raccolti 565.526 tweet negativi, pari al il 43%. Purtroppo, si continua ad odiare online, ma c’è un dato positivo: in termini assoluti, afferma il rapporto, c’è stata una diminuzione dell’incidenza dei tweet ostili. Lo scorso anno sulla totalità dei tweet analizzati il 70% era riconducibile a fenomeni di hate-speech online, ciò significa dunque che c’è stata una significativa diminuzione del 27%.
Un dato che colpisce in negativo è invece quello che riguarda l’antisemitismo. I fenomeni di odio online contro gli ebrei hanno subito una triste e graduale crescita negli ultimi anni: se nel 2016 solamente il 2,2% dei tweet negativi li sceglieva come bersaglio, nel 2020 gli ebrei rappresentano il secondo gruppo più colpito con il 18,45% di tweet d’odio, subito dopo quello delle donne colpite dal 49,91% dei messaggi negativi. I migranti che rappresentavano il gruppo più colpito nel 2019, nel 2020 sono l’obiettivo del 14,4% dei tweet negativi.
L’approfondimento dell’analisi ha consentito di individuare i ‘picchi’ di odio per ciascuna categoria colpita: per i musulmani, ad esempio, l’apice si è raggiunto con il rientro in Italia della cooperante Silvia Romano. Per gli ebrei invece uno dei periodi più intensi di messaggi di odio ricevuti si è sviluppato nei giorni appena precedenti e successivi al compleanno della senatrice Liliana Segre. Come ha affermato Silvia Brena, che ha presentato il rapporto per Vox: ”L’odio online è diminuito in generale ma c’è stato un fenomeno di radicalizzazione. La forza, la concentrazione di questi messaggi negativi ci fa pensare che siamo di fronte ad una sorta di ‘professionalizzazione dell’odio’, cioè di una direzione voluta, decisa e quindi anche diretta in modo abbastanza evidente”.
Una tesi questa sostenuta anche da Vittorio Lingiardi psichiatra, psicoanalista e docente presso l’Università di Roma La Sapienza: ”Siamo davanti ad una specie di maggior stanchezza dei ‘leoni da tastiera’ e c’è invece una professionalizzazione circoscritta dell’hate speech […] numericamente è come se si fosse concentrato e maggiormente organizzato qualcosa che prima circolava in modo anche più contagioso in un contesto più generale e meno specifico. C’è stata forse in parte una demotivazione individuale e una riorganizzazione più politica con delle vere e proprie regie di hatespeech in momenti specifici”.
Barbara Lucini, sociologa presso l’Università Cattolica, ha espresso preoccupazione circa questa dinamica: ”Emerge un odio più radicale, più incisivo e più chiuso […] La possibilità che questi circuiti chiusi si rinforzino, alimentino le proprie visioni, il proprio immaginario collettivo di intolleranza e di odio è ancora più ampia. La possibilità che ci sia un passaggio tra questa dinamica online e azioni di odio e violenza fisica reale è una delle tendenze su cui avere un’attenzione specifica”.
Cecilia Siccardi, docente di Diritto antidiscriminatorio presso l’Università Statale di Milano, ha offerto un’interessante riflessione circa la correlazione tra la pandemia da Covid-19 e l’hate speech online. La crisi sanitaria ha infatti colpito più duramente le categorie di soggetti tradizionalmente discriminati come le donne, gli stranieri o le persone disabili: ”L’assenza di politiche di integrazione e uguaglianza ha avuto l’effetto paradossale di generare, in nome della sicurezza, insicurezza sul territorio e questo si è riflesso sui social media nell’attaccare gli stranieri come untori e nemici in questa edizione della mappa dell’intolleranza”.
È necessario ora più che mai intervenire per arrestare il fenomeno dell’hate speech.
Tre sono i passi fondamentali individuati da Siccardi: 1) Mappare; 2) Educare; 3) Normare. Varare norme e leggi che tutelino le categorie a rischio e più discriminate, è di fondamentale importanza per poter contrastare l’odio online. Proprio in concomitanza con l’entrata in vigore della legge Cirinnà, quella sulle unioni civili, la discriminazione nei confronti delle persone omosessuali è diminuita notevolmente, a testimonianza del fatto che legiferare per proteggere i gruppi più bersagliati è uno strumento fondamentale contro i discorsi ostili.