GINEVRA, 14 SETTEMBRE – Diritti umani violati al centro di due interventi delle Nazioni Unite su quanto sta avvenendo in Bielorussia e Mali.
L’Alto commissario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet ha chiesto oggi che sia condotta un’indagine sulle accuse di tortura e altre forme di maltrattamento da parte delle forze dell’ordine in Bielorussia. “Date le loro dimensioni e il loro numero, tutte le accuse di tortura e altre forme di maltrattamento da parte delle forze di sicurezza dovrebbero essere documentate e indagate, al fine di assicurare gli autori alla giustizia”, ha detto Bachelet intervenendo oggi al Consiglio Onu dei diritti umani, riunito in sessione a Ginevra. “Continuiamo a ricevere notizie allarmanti sulla repressione violenta in Bielorussia di manifestazioni pacifiche da parte di centinaia di migliaia di persone di ogni estrazione sociale, in particolare donne. Le segnalazioni continuano a indicare un uso della forza non necessario o eccessivo da parte delle forze dell’ordine, migliaia di arresti, molti dei quali apparentemente arbitrari,e centinaia di accuse di tortura o maltrattamenti, anche contro bambini” e alcune indicazioni di violenza sessuale, ha detto l’Alto commissario. Per
Bachelet, “il ripristino della pace sociale in Bielorussia richiede un dialogo di vasta portata, riforme e l’obbligo di rispondere delle gravi violazioni dei diritti umani”.
Diversa la problematica che riguarda il Mali, dove gli esperti registrano ”il persistere della pratica della schiavitù, che non può essere giustificata”. Gli esperti dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite hanno analizzato la situazione nel Paese dove la schiavitù per discendenza, sottolineano, ”perdura malgrado una legge l’abbia ufficialmente abolita nel 1905”. In Mali, alle prese con una feroce offensiva jihadista e con la giunta golpista che non ha ancora ceduto il potere ai civili, chi ha antenati che sono stati schiavi continua ad essere considerato schiavo e ad appartenere alle famiglie che possiedono schiavi da generazioni. Nel Paese le persone “schiave” lavorano senza stipendio, possono essere ereditate e sono private dei diritti umani fondamentali.
L’intervento degli esperti Onu giunge dopo che quattro persone schiave sono state picchiate a morte e una donna di 80 anni e altre due persone sono state ferite gravemente la scorsa settimana. ”Condanniamo questi atti barbari e criminali che violano il diritto alla vita e all’integrità fisica e alla dignità umana e che restano troppo spesso impuniti” denuncia l’ Onu che chiede ”un’inchiesta rapida, trasparente e imparziale sulla vicenda avvenuta il primo settembre a Djandjoumé perché sia fatta giustizia”. Una delle vittime, un uomo di 69 anni considerato uno schiavo, aveva ottenuto una sentenza a suo favore contro l’imam del suo villaggio ma i membri della sua comunità si sono opposti alla decisione del giudice, hanno circondato la sua casa e l’hanno selvaggiamente picchiato.
L’anno scorso, un membro di un’organizzazione anti-schiavitù è stato espulso dal suo villaggio nella regione di Kayes per ordine del capo villaggio, e circa 50 persone che hanno sfidato il loro status di schiavi sono state costrette dai capi tradizionali locali a fuggire da un altro villaggio.
”Questi episodi dimostrano l’incapacità dello Stato di attuare i suoi impegni internazionali per la tutela dei diritti umani, hanno dichiarato gli esperti.”In alcuni casi, i leader tradizionali e le autorità statali sembrano chiaramente essere complici di chi continua a praticare la schiavitù”.