ROMA, 24 APRILE – I timori che una diffusione inarrestabile di Covid-19 possa dilagare in Africa stanno crescendo di giorno in giorno: ultimo in ordine di tempo è l’allarme lanciato dall’Oms secondo il quale i dati fin qui forniti sono solo la punta di un iceberg, che nel tempo rivelerà tutta la sua estensione. L’Africa center for strategic studies, un istituto di ricerca appartenente al Pentagono e citato dal quotidiano Avvenire, ha inoltre mappato il continente per tracciarne un quadro relativo alla pandemia e individuare i Paesi più vulnerabili. In cima alla lista del rischio ci sono quattro Paesi – Sud Sudan, Repubblica democratica del Congo, Sudan e Nigeria – che in diversa misura hanno sperimentato in questi anni situazioni di conflitto o terrorismo.
Inoltre con l’inizio del Ramadan, previsto per questa settimana, l’impatto del Coronavirus soprattutto nelll’Africa occidentale potrebbe avere conseguenze drammatiche, con la stagione di magra in corso e in un contesto già afflitto da insicurezza e guerre, in particolare sulla capacità di approvvigionarsi e di combattere la fame.
Uno studio della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) afferma che l’impatto della pandemia potrebbe infatti portare il numero di persone a rischio di insicurezza alimentare e malnutrizione da 17 a 50 milioni tra giugno e agosto 2020. Nel settore alimentare si sta lottando per continuare le attività ma i mezzi di sostentamento sono minacciati.
Save The Children fa notare poi come sia difficile immaginare interi paesi africani, afflitti dalla siccità o al contrario da inondazioni che inquinano le acque potabili, alle prese con il lavaggio delle mani, o il distanziamento sociale. L’ONG afferma che nelle principali città della regione e nelle aree rurali, nonostante gli sforzi dei governi, molte comunità stanno affrontando difficoltà nell’accesso ai mercati alimentari, con i prezzi in rapida crescita e molte materie prime sempre meno disponibili, e devono fare i conti con gli effetti delle misure restrittive che sono state adottate, come il confinamento, il coprifuoco o la chiusura delle frontiere, oltre che convivere con l’insicurezza presente in alcune aree. La crisi del coronavirus sta portando a un aumento dei prezzi considerevole anche nel settore alimentare. In pochi giorni il prezzo di un sacco da 100 chili di miglio è passato da 16 mila a 19 mila franchi cfa e il costo di un litro d’olio da cucina è quasi raddoppiato. Allo stesso modo, anche per gli allevatori è aumentato il prezzo del mangime per gli animali. ”Con l’epidemia che si aggiunge all’insicurezza, mi chiedo come sarà vissuto il Ramadan quest’anno”, spiega Amadou Hamadoun Dicko, presidente dell’Association for the Promotion of Livestock in the Sahel and Savannah (APESS), citato da Save the Children. I responsabili delle organizzazioni contadine e delle Ong internazionali si appellano a tutti i governi perché si impegnino a controllare i prezzi, garantire l’approvvigionamento di cibo e il trasporto di merci attraverso i confini, oltre che a favorire la creazione di reti di sicurezza sociale per aiutare i più vulnerabili.
L’OMS
Per l’agenzia dell’Onu sono oltre 24.000 i casi confermati di Covid-19 in Africa, con 1.100 decessi e 6250 guariti. Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che si ritiene che nel continente africano si sia ancora agli inizi dell’epidemia di coronavirus. Il maggior numero dei casi, 3465 con 58 decessi, si registrano in Sudafrica. Il numero più alto dei decessi si sta registrando nei Paesi dell’Africa settentrionale: 392 in Algeria, con 2811 casi confermati, 250 in Egitto con 3333 casi confermati, 144 in Marocco con 3186 casi confermati, 38 in Tunisia con 884 casi confermati.
Il rapporto “Covid-19 in Africa: salvare vite umane ed economia” della Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite (Uneca) ricalca quello sulla sicurezza alimentare firmato da Fao, Wfp, Ocha e altre agenzie secondo le quali per i più fragili, i più deboli, i più poveri il coronavirus è solo l’ultimo colpo, che si affianca alle difficoltà quotidiane rendendole di fatto insostenibili. Secondo il documento dell’Uneca, il contagio colpirebbe pesantemente i diversi Paesi del continente nero, e potrebbe costare la vita a moltissimi africani, tra 300.000 e 3.300.000, a seconda delle misure adottate per fermare la sua diffusione. La commissione delle Nazioni Unite ipotizza che da 2,3 milioni a 22,5 milioni di persone potrebbero aver bisogno di un ricovero in ospedale, e da 500 mila a 4,4 milioni di persone potrebbero trovarsi nella necessità di terapie intensive. Anche di fronte a una politica diffusa di contenimento e distanziamento sociale, il conto delle spese sanitarie di emergenza potrebbe arrivare a 44 miliardi di dollari.
A rendere molto grave la situazione sono gli eterni elementi della povertà, a partire dal fatto che nell’Africa sub-sahariana il 56 per cento della popolazione urbana vive concentrata in baraccopoli sovraffollate e scarsamente attrezzate. Anche il lavaggio delle mani che nel mondo occidentale è routine, diventa un problema se non c’è acqua pulita, che secondo il rapporto è disponibile solo a 34 famiglie su cento.