ROMA, 22 LUGLIO – Lo scorso anno circa 10,5 milioni di rifugiati hanno ricevuto assistenza sanitaria grazie a programmi di sanità pubblica, all’attività dell’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, e di altri partner. Il dato è stato diffuso nel Global Health Review annuale dell’UNHCR che mette in evidenza le misure in materia di assistenza sanitaria, nutrizione, e accesso ai servizi idrici e igienico-sanitari adottate a favore di rifugiati, richiedenti asilo e comunità ospitanti in 51 Paesi d’accoglienza.
”Nonostante il livello senza precedenti raggiunto dai continui esodi forzati nel mondo, la maggior parte dei rifugiati, l’84%, è stato accolto in regioni in via di sviluppo in cui i servizi di base sono già sotto pressione; di conseguenza, i sistemi sanitari nazionali devono essere più che mai sostenuti per garantire ai rifugiati e alle comunità locali l’accesso a cure salvavita e assistenza sanitaria di base”, ha dichiarato George Okoth-Obbo, Assistente Alto Commissario per le Operazioni dell’UNHCR.
Dal rapporto emerge che tra i progressi registrati nel 2018 vi è il calo del tasso di mortalità dei bambini rifugiati di età inferiore ai 5 anni, un importante indicatore dell’impatto delle misure sanitarie in contesti di emergenza. I tassi di mortalità registrati per questi bambini sono migliorati, passando da una media di 0.4 casi ogni 1.000 al mese, nel 2017, a 0.3 casi su 1.000 nel 2018.
Ciò è avvenuto nonostante lo scorso anno si siano registrati continui arrivi di rifugiati provenienti da luoghi come il Myanmar, il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo nei Paesi confinanti.
Il rapporto sottolinea inoltre i significativi progressi compiuti nell‘inclusione dei rifugiati nei sistemi sanitari nazionali, evidenziando come alcuni Paesi compiano sforzi notevoli per offrire maggiori possibilità ai rifugiati di accedere a regimi di assicurazione sanitaria e ad altri pilastri della previdenza sociale.
In 37 Paesi ospitanti, la maggior parte dei rifugiati ha accesso a vaccinazioni e cure per la tubercolosi, l’HIV e la malaria al pari dei cittadini.
Nel 2018 sono inoltre proseguiti gli sforzi per promuovere e facilitare l’accesso a servizi per la salute riproduttiva, tra cui l’assistenza alla maternità e ai neonati e la pianificazione familiare.
Nell’80 per cento dei Paesi in cui l’UNHCR sostiene le attività nel settore sanitario, il 90% delle donne rifugiate ha partorito in strutture dotate di personale qualificato – la misura più efficace per ridurre la mortalità materna e neonatale e la morte del feto.
Tra i fattori che suscitano maggiore preoccupazione, tuttavia, figurano focolai di malattie nelle comunità di rifugiati. Nel corso dell’anno, gli operatori e i partner dell’UNHCR operanti nell’ambito sanitario hanno dovuto far fronte a diverse epidemie, come quelle di difterite e casi sospetti di morbillo in Bangladesh, o di colera e febbre emorragica virale in Kenya e Uganda.
Anche la malnutrizione rimane un problema molto preoccupante per la salute dei rifugiati. Se da un lato in molte comunità di rifugiati si sono registrati miglioramenti nei tassi di malnutrizione acuta globale (GAM), uno dei principali indicatori nutrizionali, l’UNHCR è seriamente preoccupato per il persistere di elevati livelli di anemia e rachitismo in molte popolazioni di rifugiati rispetto a quanto registrato nel corso dell’anno precedente.
Le cause della malnutrizione sono svariate, ma l’insicurezza alimentare è un fattore significativo. Negli ultimi anni sono stati operati crescenti tagli a molte operazioni condotte dall’UNHCR in materia di assistenza alimentare e sono sempre più i Paesi interessati da tale crisi.
L’integrazione della salute mentale nell’assistenza primaria rimane una priorità. I consulti psichiatrici effettuati (154.000) rappresentano meno del due per cento rispetto al numero totale di visite mediche a cui i rifugiati si sono sottoposti nel 2018 – circa 7,5 milioni – presso l’UNHCR e le strutture sanitarie partner.
A fronte di un flusso senza precedenti di esodi forzati nel mondo, e con 25,9 milioni di rifugiati in tutto il mondo, l’UNHCR chiede finanziamenti che contribuiscano a sostenere le sue principali attività, come i programmi sanitari. A metà 2019, è stato ricevuto solo il 30% – 8.636 miliardi di dollari statunitensi – degli aiuti complessivi richiesti dall’UNHCR per finanziare servizi e programmi salvavita per i rifugiati in 131 Paesi.