ROMA, 9 MAGGIO – A un anno dall’annuncio degli Stati Uniti del ritiro dall’Accordo di Vienna sul nucleare dell’Iran, Teheran risponde lanciando un ultimatum di sessanta giorni, trascorsi i quali la Repubblica islamica interromperà le limitazioni nelle riserve di uranio arricchito e acqua pesante.
In una missiva indirizzata a Pechino, Mosca, Parigi, Londra e Berlino, membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu, le autorità iraniane minacciano ritorsioni se non sarà rispettato l’impegno di salvaguardare i settori bancario e petrolifero dalle sanzioni di Washington. In un intervento trasmesso dal canale televisivo Irib, il presidente Hassan Rohani annuncia che la Repubblica islamica interromperà le limitazioni nelle riserve di uranio arricchito e acqua pesante, misura prevista dall’accordo di luglio 2015.
Le restrizioni imposte dall’accordo di Vienna fanno sì che – ai ritmi attuali di produzione dell’uranio arricchito – a Teheran sia necessario minimo un anno per produrre un’atomica.
”Ricominceremo l’arricchimento se i partner non soddisferanno le richieste in ambito petrolifero e bancario”, ha detto Rohani precisando che l’Iran non intende ritirarsi dall’intesa sul nucleare, ma ha espresso la volontà di sospendere alcuni degli impegni sottoscritti nell’ambito dell’accordo.
Naturalmente l’annuncio di Teheran ha messo in allarme le cancellerie di tutto il mondo, ma Rohani ha fatto notare che, secondo il suo avviso, ”questa operazione serve a salvare l’accordo che ha bisogno di un’operazione chirurgica e gli antidolorifici dell’ultimo anno non sono stati efficaci. Questa operazione serve per salvare l’accordo, non per distruggerlo”, ha detto il presidente iraniano, aggiungendo: “Dopo un anno di pazienza, l’Iran interrompe le misure che gli Usa hanno reso impossibile continuare”.
Secondo l’agenzia semi ufficiale Isna, la mossa rientrerebbe nel quadro degli articoli 26 e 36 dell’accordo: il primo, in particolare, prevede che l’Iran possa riprendere totalmente o parzialmente le sue attività nucleari se una delle altre parti non rispetta i suoi obblighi. Sembra che l’Iran avesse già avvisato in modo informale gli altri Paesi, a cui rimprovera di non avere fatto abbastanza per salvare l’accordo, nonostante le affermazioni di volere mantenere in vita l’intesa dopo lo strappo di Trump.
L’accordo di Vienna
Frutto di uno sforzo diplomatico durato 21 mesi, l’accordo di non proliferazione sul programma nucleare dell’Iran è stato firmato a Vienna il 14 luglio 2015 dai ministri degli Esteri di Teheran, Pechino, Parigi, Berlino, Mosca, Londra, Washington e dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. Il 20 luglio 2015 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato una risoluzione sull’accordo, con una cornice temporale decennale. Il 16 gennaio 2016 sono state rimosse le sanzioni economiche e finanziarie di Ue, Onu e Usa (poi riprese) legate al nucleare. Il documento prevede che entro il 2025 si dovrà ridurre del 98% la quantità di uranio arricchito in possesso nel 2015 dalle autorità di Teheran. Prevista anche una moratoria di 15 anni sull’arricchimento dell’uranio al di sopra del 3,67%. Inoltre, il numero delle centrifughe deve essere ridotto di due terzi e, di queste, oltre mille dovranno essere riconvertite per la produzione di isotopi per uso medico. Infine, prevede che gli ispettori dell’Aiea abbiano accesso costante ai siti nucleari iraniani, anche quelli militari, e una commissione di controllo ne monitori l’implementazione.