ROMA, 30 MAGGIO – Come è ‘percepita’ l’Africa dai mezzi di informazione italiani? Quanto se ne parla? Rappresenta solo un problema per la sua ‘vocazione’ alle migrazioni di massa o può essere vista come un’occasione di sviluppo e crescita e non solo di sfruttamento e appropriazione delle sue immense risorse? Il volto più dinamico e innovativo dell’Africa soffre inoltre di una costante sottorappresentazione nei media italiani.
È quanto emerge dalla quarta edizione de ‘L’Africa MEDIAta‘, il rapporto presentato a Roma da Amref Health Africa-Italia in occasione dell’Africa Day. Curato dall’Osservatorio di Pavia, ha l’obiettivo di analizzare come e quanto i media italiani raccontino l’Africa e un tratto di continuità accompagna tutte le edizioni del rapporto: la marginalità della comunicazione sull’Africa e sulle persone africane e afrodiscendenti nei media. Eppure, vi sono delle potenzialità e una giovane dinamicità che aggiungono un altro volto: per le startup tecnologiche africane rispetto al 2020, nel 2021, si è segnato un +113% per investimenti.
Il dossier 2023 è strutturato in due parti: la prima dedicata all’informazione complessiva nei media tradizionali, stampa e televisione; la seconda si focalizza invece sulla rappresentazione mediatica dell’innovazione e dello sviluppo africani, ricercando nell’immagine dell’Africa restituita dall’informazione italiana ciò che rinvia ai concetti di nuovo, futuro, dinamismo e cambiamento, emancipazione e talento, creatività e competenza. L’evento di presentazione del report ha avuto Rai Radio3 come media partner.
Quotidiani. Nel corso del 2022, l’Africa è apparsa in 953 notizie nelle prime pagine di sei testate, ovvero in media 13 volte al mese (-3 rispetto al 2021). Per l’84% le notizie raccontano l’Africa per fatti ambientati in Italia o in altri Paesi occidentali e nello specifico trattano temi legati alla sicurezza e ai flussi migratori (69,1%). Il restante 16,2% di notizie, ambientate in Africa, si focalizzano maggiormente su guerra e terrorismo (36,4%), e poi migrazioni e politica.
Notiziari del prime time e programmi di infotainment. Si accentua una tendenza osservata a partire dal 2020: la riduzione progressiva di notizie sull’Africa. Nei Tg analizzati sono state rilevate soltanto 1.174 notizie pertinenti (22% in meno rispetto al 2021), di cui il 74% riguardante i flussi migratori e la gestione dell’accoglienza. L’emergenza migratoria è infatti uno degli argomenti più trattati, soprattutto in relazione a particolari fatti, come il caso della Ocean Viking. Nel 2022 sono diminuite le news su guerra e terrorismo a favore di notizie su viaggi istituzionali di ministri italiani in Africa, forniture di gas, COP27 ed eventi di cronaca come il caso Soumahoro.
La marginalità di attenzione per l’Africa viene confermata anche negli 85 programmi di infotainment analizzati su sette reti televisive: su 61.320 ore trasmesse in un anno sono stati rilevati, in calo rispetto allo scorso anno, 700 riferimenti all’Africa, in media un riferimento ogni 87 ore di programmazione. A seguito dell’inizio della guerra in Ucraina, si nota all’interno dei programmi la presenza di una narrazione delle migrazioni che distingue tra rifugiati veri in fuga da un’invasione e profughi ‘di comodo’, come sembrano essere considerati coloro che provengono dal continente africano.
”Le narrazioni sull’Africa sono spesso condite di luoghi comuni e falsi miti che rischiano di condizionare il nostro modo di guardare a questo vastissimo continente: un territorio ricco di differenze quanto di risorse, e che appare determinato a conquistare il proprio futuro con ogni mezzo, trovando risposte innovative e all’avanguardia, come documentano diverse analisi tra cui il Global Innovation Index dell’OMPI, e come testimonia ogni giorno anche la nostra esperienza sul campo – ha dichiarato Paola Crestani, Presidente di Amref Health Africa in Italia.
Dal rapporto di Amref emerge che di innovazione in Africa sui media italiani si parla poco e spesso nel modo sbagliato. Due dati lo confermano: l’estrema marginalità del tema, presente nelle testate specializzate ma difficilmente nei media d’informazione, e la quasi esclusiva connotazione esogena dei cambiamenti, descritti per lo più come conseguenze di progetti esportati dall’Italia o in generale dall’Occidente. Nei 75 programmi televisivi analizzati, in 829 puntate, solo il 6% dei frame (50 frame) è dedicato al tema dell’innovazione e dello sviluppo in Africa. La maggioranza è dedicato al settore economico con focus su progetti di cooperazione che partono dall’Europa con la percezione di un continente ‘sotto tutela’. Gli unici esempi di narrazione complessa e continuativa sono le reti per la distribuzione del segnale 5G e le iniziative per il trasporto dei combustibili fossili. Per quanto riguarda invece l’innovazione culturale e artistica questa risulta collegata esclusivamente alla fruizione di eventi di scena in Italia, in Europa o in America.
Amref è promotrice di numerose innovazioni, in ambito salute, ‘made in Africa’ – come ha ricordato durante l’evento George Kimathi Direttore Amref Institute of Capacity Development– ed altre che rappresentano una forte cooperazione tra Italia e il continente africano: in Uganda per esempio il progetto Kokono, in collaborazione con De-Lab, Società Benefit e B-Corp™, ha fornito una risposta concreta all’elevato tasso di mortalità dei bambini a causa della malaria. Si tratta di una culla portatile dotata di una zanzariera: una soluzione innovativa perché in grado di proteggere la salute dei piccoli e allo stesso tempo di contribuire all’empowerment delle donne, permettendo loro di lavorare portando con sé i figli in sicurezza. Rilevante anche 3Map – il progetto sviluppato dalla social good company TriM – che consente la raccolta, la registrazione, l’analisi e la diffusione di informazioni per contrastare le conseguenze di eventi climatici avversi. Il sistema permette di condividere rilevazioni sul meteo restituendo previsioni su temperature e probabilità di precipitazioni che, diffuse di villaggio in villaggio, migliorano la pianificazione dei pascoli e delle coltivazioni e riducono l’impatto di eventuali calamità naturali.