ROMA, 26 GENNAIO – L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, lancia l’allarme per due situazioni di gravissima crisi in corso in Africa: le inarrestabili violenze in corso nella regione africana del Sahel che, per la prima volta nella storia, hanno ormai costretto oltre due milioni di persone a divenire sfollate all’interno del proprio Paese, e per le recenti violenze verificatesi nella regione sudanese del Darfur che hanno costretto migliaia di persone a fuggire dalle proprie case per mettersi in salvo, anche oltre confine facendo ingresso in Ciad.
Scrive l’UNHCR che le capacità di accoglienza delle comunità locali del Sahel che si estende tra Burkina Faso, Ciad, Mali e Niger, e comprende alcuni dei Paesi meno sviluppati al mondo, hanno raggiunto un punto critico. Si sta registrando una brusca impennata delle esigenze della popolazione in tutta la regione, in cui convergono crisi molteplici quali conflitto armato, estrema povertà, insicurezza alimentare, cambiamenti climatici e pandemia di COVID-19.
L’estrema vulnerabilità del Sahel è stata messa a nudo dall’impatto degli esodi forzati causati dalle orribili e diffuse violenze perpetrate da gruppi ribelli armati e bande criminali.
Le attività di risposta umanitaria sono messe pericolosamente a dura prova, pertanto l’UNHCR esorta la comunità internazionale a intensificare il supporto destinato alla regione. È necessario che gli Stati agiscano ora per aiutare i Paesi del Sahel a fronteggiare le cause alla radice di tali esodi forzati, promuovere uno sviluppo strategico e sostenibile, e rafforzare istituzioni quali scuole e ospedali, molte delle quali hanno cessato le attività a causa delle violenze continue. La situazione è peggiorata a causa della pandemia di COVID-19.
Il numero di sfollati interni nella regione è quadruplicato in soli due anni, considerato che se ne registravano 490.000 all’inizio del 2019. Oltre la metà di quelli attualmente presenti nella regione è composto da burkinabé. Nel Sahel, inoltre, trovano accoglienza oltre 850.000 rifugiati provenienti principalmente dal Mali.
Già nel corso di quest’anno, le violenze perpetrate in Niger e Burkina Faso hanno costretto più di 21.000 persone alla fuga per cercare rifugio altrove all’interno del proprio Paese.
In Burkina Faso, a partire dal 31 dicembre 2020, una serie di attacchi armati condotti contro la città di Koumbri e i villaggi limitrofi, nel nord del Paese, hanno costretto alla fuga più di 11.000 persone. La maggior parte è costituita da donne e bambini fuggiti di notte dopo che gli aggressori hanno aperto il fuoco contro le loro case. Si sono messi in salvo e ora sono accolti dalle comunità locali a Ouahigouya e Barga, a circa 35 km di distanza.
L’UNHCR sta allestendo 108 alloggi resistenti a Ouahigouya e ha già distribuito materassi e coperte, prodotti per l’igiene, e altri aiuti essenziali. Le autorità locali stanno intensificando gli sforzi per registrare i nuovi arrivati e trasferirli a un altro sito.
Quanto al Darfur gli scontri intercomunitari, iniziati il 15 gennaio nel Darfur occidentale e diffusisi nel Darfur meridionale il giorno seguente, hanno causato la morte di 250 persone – compresi tre operatori umanitari – e costretto alla fuga più di altre 100.000.
Tra quanti fuggiti di recente, circa 3.500 sudanesi hanno raggiunto la provincia di Ouaddaï nel Ciad orientale. Questi rifugiati – in maggioranza donne e bambini – sono accolti in quattro località ubicate in aree estremamente remote che non dispongono di servizi di base né di infrastrutture pubbliche, e trovano riparo sotto gli alberi.
A causa dei rischi legati alla diffusione del COVID-19, le autorità locali ciadiane stanno indirizzando i nuovi arrivati verso un sito di transito presso cui osserveranno un periodo di quarantena prima di essere trasferiti a un campo rifugiati situato lontano dal confine. L’UNHCR sta mobilitando rapidamente gli aiuti destinati all’area per rispondere alle loro esigenze. Prima di quest’ultima serie di scontri, il Ciad accoglieva già oltre 360.000 rifugiati sudanesi.