CIPRO, 13 MAGGIO – “Essere un peacekeeper non è semplicemente un lavoro, è una dedizione alla diversità, flessibilità e responsabilità. Sono sempre pronta ad affrontare qualsiasi sfida che mi si presenta, assicurandomi innanzitutto che nessuno rimanga indietro”. Lo ha detto il Maresciallo dei Carabinieri della missione Onu UNFICYP Pamela Caracciolo, in questi giorni testimonial di una campagna Onu per l’aumento del numero di donne nelle operazioni di mantenimento della pace.
La Caracciolo, un “casco blu” italiano a Cipro, chiede ai paesi che contribuiscono all’UNPOL di aumentare la partecipazione delle donne nelle missioni delle Nazioni Unite in tutto il mondo. Il suo intervento è stato pubblicato su “Medium” in vista della Giornata internazionale del peacekeeping che si celebrerà il 29 maggio.
Caracciolo, 36 anni, non è alla sua prima missione di pace delle Nazioni Unite all’estero: è stata dislocata due volte a Hebron, in Cisgiordania, e a Baghdad, in Iraq. Ha inoltre servito due volte in Libia per il trasporto umanitario di rifugiati e nell’assistenza a bambini che soffrono di gravi malattie.
Con sede a Nicosia, UNFICYP fu originariamente istituita dal Consiglio di sicurezza nel 1964 per fermare gli scontri tra le comunità greca e turca nell’isola. In assenza di una soluzione politica al problema di Cipro, UNFICYP è rimasta sull’isola per sorvegliare le linee di cessate il fuoco, mantenere una zona cuscinetto, intraprendere attività umanitarie e sostenere la missione del Segretario Generale. Caracciolo è uno dei quattro agenti di polizia italiani in servizio presso UNFICYP su un totale di 63.
“L’aspetto più significativo del mio lavoro è mediare e creare fiducia tra diversi gruppi di persone. Come peacekeeper, è fondamentale che il rispetto della cultura locale vada di pari passo con il non esprimere atteggiamenti insensibili che possono danneggiare la fiducia delle popolazioni locali” , ha osservato Pamela spiegando che il suo obiettivo è di contribuire a ripristinare l’autostima degli abitanti e incoraggiarli a riconoscere il valore e l’importanza della loro identità. “Col mio lavoro cerco di ricostruire le reti sociali e creare nuovi momenti di speranza in una realtà a volte difficile da sopportare. Le pattuglie quotidiane, a piedi o in auto, mi hanno permesso di conoscere la gente del posto e stabilire un rapporto basato sulla fiducia. Essere un peacekeeper non è semplicemente un lavoro, è una dedizione alla diversità, flessibilità e responsabilità. Sono sempre pronta ad affrontare qualsiasi sfida che mi si presenta, assicurandomi innanzitutto che nessuno rimanga indietro”.(@ OnuItalia)