ROMA, 23 DICEMBRE – Altro che porto sicuro: la Libia resta un paese in guerra, preda dello scontro tra le fazioni e delle reti dei trafficanti di esseri umani: è quanto afferma l’Ufficio dell’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti Umani (Ohchr). “Siamo preoccupati per il deterioramento della situazione dei diritti umani in Libia, compreso l’impatto del conflitto in corso sui civili, gli attacchi contro i difensori dei diritti umani e i giornalisti, per il trattamento di migranti e rifugiati, le condizioni di detenzione e l’impunità”, si legge nel comunicato firmato da Rupert Colville portavoce dell’organismo delle nazioni Unite.
“Nel 2019, il nostro ufficio insieme con la missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha finora documentato almeno 284 morti civili e 363 feriti a seguito del conflitto armato in Libia, con un aumento di oltre un quarto del numero di vittime registrato nello stesso periodo dell’anno scorso”, afferma l’Ohchr,secondo il quale “gli attacchi aerei sono stati la principale causa di vittime civili, con un bilancio di 182 morti e 212 feriti, seguiti da combattimenti sul terreno, ordigni esplosivi improvvisati, rapimenti”. “Tra gennaio e novembre, oltre 8.600 migranti sono stati intercettati in mare dalla Guardia costiera libica e riportati in Libia, che ovviamente non può essere considerato in nessun modo come un porto sicuro per lo sbarco“, denuncia ancora l’Onu. Secondo l’Onu infatti migranti e rifugiati in Libia “continuano a essere regolarmente sottoposti a violazioni e abusi”.