WASHINGTON, 19 APRILE – Dopo Francia, Russia, Egitto ed Emirati arabi uniti, anche gli Stati Uniti sembrano ravvicinarsi al generale Khalifa Haftar, nonostante che il comandante militare libico sia entrato in rotta di collisione con il governo del presidente al Sarraj, che è sostenuto dall’Onu, e con gli sforzi di mediazione di Ghassam Salame, l’inviato speciale per la Libia delle Nazioni Unite. Nel confermare una telefonata – del tutto insolita, e sicuramente significativa – tra Donald Trump e il generale di Benghazi, la Casa Bianca ha sottolineato come il presidente americano “riconosca il ruolo significativo di Haftar nel combattere il terrorismo e nel mettere al sicuro le risorse petrolifere del paese”.
E’ una svolta nella crisi libica, come ipotizzano molti analisti? E che cosa potrebbe succedere agli interessi dell’Italia, che si è sempre schierata finora dalla parte dell’Onu?
Nel colloquio Trump-Haftar, sempre secondo i portavoce della Casa Bianca, i due si sono trovati d’accordo su “una transizione della Libia verso un sistema politico democratico e stabile”. La telefonata segue di poche ore la discussione del consiglio di sicurezza sulla Libia in cui i 15 membri non si sono trovati d’accordo – per l’opposizione non solo di Mosca, ma anche di Washington – su una risoluzione presentata dalla Gran Bretagna che, oltre a chiedere un cessate il fuoco, condannava di fatto l’azione del generale Haftar, le cui forze militari sono arrivate nella periferia di Tripoli.
Anche John Bolton, il “falco” che guida il consiglio per la sicurezza nazionale di Trump, ha parlato più volte con Haftar: il quale – ricordano fonti della Casa Bianca – ha vissuto vent’anni in esilio in Virginia dopo essere scappato dal regime di Gheddafi.
AZ, 19-4-2019