(di Alessandra Baldini)
NEW YORK, 10 FEBBRAIO – Per 40 anni nella stanza 307, senza finestre al terzo piano del Palazzo di Vetro. Li’ John Cappelli, storico corrispondente italiano e americano dagli Stati Uniti e dall’ONU per Paese Sera, e poi il ProgressoItalo-Americano e America Oggi, racconto’ all’Italia l’America e il mondo facendo scoop come quello di Richard Nixon in Cina.
“Dam Hammarskjold faceva spesso capolino nella 307, e cosi’ U Thant”, scriveva John nel libro di memorie “d’un cronista d’assalto”, pubblicato con la prefazione e l’impianto critico dell’amico storico Luigi Troiani per Ornitorinco Edizioni. Cappelli e’ morto nel 2009 e oggi alle Nazioni Unite, in occasione dell’uscita del volume, e’ stata celebrata la sua straordinaria figura nel giornalismo italiano e statunitense degli anni della Guerra Fredda.
Comunista della sinistra bordighiana, a stelle e strisce di nascita, ma legatissimo alla famiglia di origine, all’Abruzzo e all’Italia, spiato per decenni dall’FBI che nulla poteva rimproverargli se non le sue idee, nelle sue memorie Cappelli fa un ritratto dell’Italia fascista e quella liberata e una presa diretta dall’America profonda e dell’intimo italo-americano. Sempre testimone, ed e’ cosi’ che il libro del cronista diventa quasi un manuale di storia “in presa diretta”, come ha sottolineato Giorgio Benvenuto, ex leader della UIL e adesso presidente dell Fondazione Nenni, nel corso della presentazione del volume all’Onu.
Benvenuto ha ricordato come Cappelli, da vero giacobino, fu sempre fiero delle sue idee: “Negli anni del maccartismo – ha detto Benvenuto – non ebbe mai paura di dichiararsi di sinistra”.
La stanza 307 era in realta’ una stanza speciale. La porta dava su quella del portavoce, che all’inizio era Francois Giuliani, seguito poi da Rudy Stadjudar e Fred Eckart. A dividere l’ufficio, dove John portava spesso il figlio Vanni anche lui oggi giornalista impegnato in Afghanistan, era David Horowitz, autore di una lettera settimanale dall’Onu sotto l’egida della World Union Press: un appuntamento di rigore per gente come Golda Meir, Elie Wiesel e piu’ tardi Benjamin Netanyahu.
La storia dei 40 anni di Cappelli all’Onu ha questo leitmotiv da “strana coppia”, da un lato il giornalista italiano e americano comunista convinto, dall’altro il collega, svedese di nascita e sionista di adozione. “Alle spalle avevo decenni di militanza rossa, pero’ al di la’ delle analisi da ‘materialismo rosso e scientifico’ di cui ero imbottito, il testo della risoluzione 3379 che nel 1975 condanno’ il sionismo come autentico razzismo era puro razzismo alla rovescia”, scrive Cappelli nelle sue memorie che rivelano la sua straordinaria capacita’ di ascoltare e decidere indipendentemente. E poi: “Mi fu di immenso ausilio nel mi lavoro all’Onu che David fosse ebreo visto che il Medioriente aveva un peso cosi’ preponderante”.
Il libro riporta indietro nel passato recente dei rapporti Italia-Usa. Da unico reporter di giornali di sinistra Cappelli faceva da cicerone negli anni ’60 e ’70 a deputati e senatori comunisti arrivati in Usa, da Massimo D’Alema senior ai fratelli Pajetta a Ugo Pecchioli e Giorgio Napolitano. E poi, i racconti degli scoop, uno dei quali, con “riconoscenza”, dovuto a Henry Kissinger: “Anticipai gli eventi e scrissi che Richard Nixon sarebbe andato a visitare la Grande Muraglia ‘aprendo alla Cina’. Nel luglio 1971 Kissinger era in missione segreta a Pechino, e Nixon ando’ in Cina l’anno dopo”. (@alebal)